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MODERN LOVE | Il "per sempre" incompiuto

Immagine del redattore: StefaniaStefania

Viviamo in una società che detta il ritmo dissonante dei nostri passi; a volte sembra di camminare senza un effettivo scopo. La vita che corre troppo velocemente e noi che non riusciamo a seguirla. Ci impone di essere produttivi, ma alla fine la vera domanda sfugge come acqua tra le fessure di una parete rocciosa: siamo davvero felici? Felici della vita che continua a sfuggirci? Pensiamo di vivere, ma ahimè a volte fingiamo, o meglio, sopravviviamo. Questo è l’interrogativo che la serie “Modern Love” ci pone; una domanda dal retrogusto agrodolce. E’ una serie che non censura l’amore, anzi ne mostra ogni sfaccettatura. Non aspira ai lieti fine romantici e surreali, bensì accompagna lo spettatore verso la visione cruda e realistica della società che lo circonda, una società che il più delle volte accantona i sentimenti e le emozioni. Il riscontro di questa serie è dovuto proprio ad un concetto che accomuna tutti: “l’incompiuto”. Tutto ciò che si vive non sempre è ciclico; l’amore ad esempio a volte non lo è. Ci sono infinità di amori e “Modern Love” riesce in poco tempo ad inglobare lo spettatore nelle brevi storie che racconta in soli 30 min. Anche quest’ultimo elemento si rivela essere una delle carte vincenti delle prime due stagioni trasmesse, poiché il fruitore non perde interesse durante la visione e, il tempo, sembra dissolversi al ritmo scadenzato della vita. Ogni amore ha un inizio ma non una fine e non sempre bisogna cercarla; ad esempio c’è quello che non si è potuto vivere per tutta la vita, quello che si ritrova dopo anni, quello platonico o quello che rimarrà tranciato a metà dalla vita stessa, ma di cui la memoria se ne nutrirà ancora attraverso i ricordi. Non solo, altri concetti che diventano cornice dei seguenti quadri sono l’amicizia, la fedeltà, l’accettazione, la malattia, la paternità, la maternità e la famiglia, che cambiano e mutano proprio come noi e i nostri sentimenti. “Modern Love” ci dice senza troppe peripezie che la vita non è un musical alla “La La Land”, bensì un’altalena di emozioni da dover affrontare come un equilibrista. Questa visione realistica e ben strutturata la riscontriamo soprattutto nel terzo episodio della prima stagione dove protagonista indiscussa è l’attrice Anne Hathaway.

Con la magistrale interpretazione riesce a catturare lo spettatore all’interno della sofferenza e del tormento altalenante con cui è costretta a vivere da anni: il bipolarismo. Questa serie si rivela essere uno spaccato della realtà che non ha paura a definire quest’ultima una malattia e invita a non tralasciarne nessun aspetto, neanche la semplice rivelazione ad un’amica che può in qualche modo alleggerire ed alleviare la sofferenza dell’anima.

E’ come se un elefante avesse tolto la sua zampa dal mio petto!”: dice Lexi (Anne Hathaway) alla sua migliore amica dopo la rivelazione che non aveva mai confessato a nessuno.

Come su di un palcoscenico, i riflettori vengono puntati sui retroscena che non vengono mostrati al pubblico; la quotidianità senza censure alcune. La vita non si trova online, infatti nel secondo episodio della prima stagione, Joshua (Dev Patel) un giovane di successo, crea e fonda una nuova app di incontri, ma alle spalle ha molto altro. La giornalista che lo intervista gli chiede se sia mai stato innamorato nella “vita reale” e quelle parole fanno riemergere, senza freni, flashback della sua storia passata con la sua metà.

La vita non dev’essere offline, bensì va vissuta sino alla fine, tenendo viva la memoria di chi ci ha accompagnati lungo il tragitto come possiamo riscontrare nell’ultimo episodio “La corsa diventa più dolce all’ultimo giro”. L’amore maturo e saggio di una coppia di anziani incontratisi durante una maratona; un amore che sa attribuire una profondità diversa al sentimento, né più forte né meno intenso, bensì più vicino all’eternità.

Un amore più consapevole, poiché il tempo sta contando i secondi, i minuti, le ore, i giorni che restano per dividerli. Tante situazioni così diverse, tante vite apparentemente differenti, ma che si rivelano, a fine stagione, riunirsi in quella ciclicità dell’universo che ad oggi non sa rispondere ai perché della vita stessa. La seconda stagione, invece, si discosta un po’ rispetto alla prima, poiché non definisce il finale; lascia gli episodi con un finale aperto, chiedendo allo spettatore di decidere autonomamente la conclusione che preferisce. Molti hanno criticato questa scelta e hanno creato paragoni con la prima stagione, definendola migliore, ma ad oggi non si può che apprezzare la suddetta scelta e ringraziare questa serie per la visione che regala. Affronta realtà sulle quali un normale cittadino, inglobato dalla vita frenetica che la società richiede, non si sofferma. Non si rivela essere una serie moralista, bensì realistica e cruda come spesso ho ripetuto all’interno dell’articolo. “Modern Love” è lo spaccato di una società che non ha paura del giudizio altrui; si può esser vivi anche di notte come si riscontra in “La ragazza notturna incontra un ragazzo diurno” (2x2 Modern Love).


Fondamentalmente sono un vampiro: vado a letto verso le otto e le nove del mattino e mi sveglio verso le quattro o le cinque di pomeriggio.”

Un amore originale e lontano dai cliché, ma non per questo non vivibile a 360 gradi.

Ricordiamoci che questo grande e profondo sentimento supera anche la barriera spazio – tempo, altrimenti perché continuare ad amare una persona defunta? L’amore non ha un perché e questo perché non va ricercato. La serie dal finale aperto, nata dalla rubrica del “New York Times”, passata per un podcast e infine trasmessa da Amazon Prime Video, si presenta come un vero e proprio gioiello del regista John Carey (già noto per aver diretto “Once”). “Modern Love” è ciò di cui avevamo bisogno, soprattutto dopo il periodo appena vissuto…



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