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Album da (ri)ascoltare in quarantena: Lady Gaga-Born This Way

Tra le cose belle di questo periodo di 'isolamento sociale' generale c'è sicuramente la possibilità di potersi ritagliare del tempo per sé stessi, in cui magari coltivare le proprie più sfrenate passioni. Vedere un film, ascoltare musica, seguire una serie TV, leggere un libro o qualsiasi altra cosa ci faccia stare bene.

Così, tra un po' di smart-working e qualche esame ancora da preparare, riprendo in mano dalla mia modesta collezione di dischi un album che sicuramente ha segnato definitivamente il mio percorso da amante della musica: Born This Way di Lady Gaga. Il disco della popstar americana, uscito come secondo lavoro in studio il 23 Maggio 2011, dopo l'esplosivo esordio nel panorama pop internazionale di The Fame e la sua riedizione The Fame Monster, è stato il più importante banco di prova a cui la Mother Monster si è dovuta sottoporre: diventare una leggenda o restare, come molti detrattori prevedevano, per sempre una meteora?!





L'esito della prova è noto, e se dopo un decennio Lady Gaga ancora brilla nell'Olimpo delle artiste femminili internazionali, grande merito lo si deve certamente a questa sua seconda fatica discografica. Se con il primo disco, infatti, si era semplicemente 'distinta dalla massa', è con Born This Way invece che riesce nell'ardua impresa di innovare irrimediabilmente il genere POP. Rispolverando vecchi appunti scritti da me proprio nove anni fa, ad un primo ascolto del disco, ritrovo in essi una sorta di recensione 'track by track' dell'intero album. Ho pensato allora che fosse bello lasciare quelle mie parole intatte, come se ancora fosse quel Maggio del 2011, sia per 'rivivere' l'emozione della prima volta con chi, come me, questo disco lo ha consumato d'amore, sia per consigliarne l'ascolto a chi, estraneo al genere, non si sia mai interfacciato con il mondo di Gaga.



'Born This Way è un album ruggente, come se quella moto in copertina improvvisamente diventasse suono'


Marry The Night: La first track ci presenta subito quelle che saranno delle costanti dell'intero album, nonostante infatti 'l'eterogeneità' delle tracce, risultato della grande sperimentazione fatta da Gaga per questo lavoro, un sound 'dark' e 'notturno' farà da spina dorsale all'intero progetto. Le primissime note ci fanno immediatamente pensare ad una struggente ballata, una sorta di futuristica 'marcia nuziale'. Improvvisamente però il brano si trasforma in un pezzo dance che mira ad essere la soundtrack ideale di una delle migliori notti nei club newyorkesi. Questo tipo di dance sembra tuttavia avere una sorta di eco solenne, quasi ecclesiastico, introducendoci in un altro dei temi portanti del disco, quello religioso.


Born This Way: Nonostante le critiche dovute alla somiglianza con 'Express Yourself' di Madonna o alla 'banalità' rilevata da alcuni nel testo, Born This Way nel giro di pochi mesi è diventata un INNO globale, e ormai poche canzoni nel mondo del POP riescono in questa ardua impresa. È una canzone iconica, non solo per la comunità gay, ma per l'umanità in generale, un vero e proprio inno alla vita contro ogni forma di discriminazione ed intolleranza. Il sound è decisamente qualcosa di già sentito tra gli anni 70/80 (per l'appunto mi ricorda una moderna 'Born To Be Alive' di 'Patrick Hernandez'), ripreso in chiave moderna, rimodulando il tutto, senza avere a mio parere il risultato di 'plagio'.


Governement Hooker: Dopo un intro dark, cupo, a metà tra il gotico e l'erotico ,subito si trasforma in un pezzo elettronico raffinatissimo, che rimanda alle produzioni elettroniche di maestri del genere, come i The Chemical Brothers o i Daft Punk... Le contro-voci maschili contribuiscono a mantenere per tutto il brano quel tono cupo delle prime note, ricordando quasi il celebre parlato di 'Thriller' di Michael Jackson, uno dei primissimi pezzi dark-pop. Il testo inoltre vede per la primissima volta Gaga in chiave di autrice critica nei riguardi del mondo politico statunitense.


Judas: A mio parere è il brano meno 'innovativo' del disco. Per quanto infatti possa amare questo pezzo, è palese che suona come una forma evoluta di 'Poker Face/Bad Romance'. È un campo in cui Gaga è ormai abile, esperta nello sfornare melodie martellanti, quasi metalliche, alternate a ritornelli orecchiabili e melodici che, una volta entrati in testa, non ne escono con molta facilità. Rilevante però è il testo e il messaggio che ne deriva, un contrasto tra 'giusto e sbagliato', 'luce ed oscurità' che è da sempre costante di ogni essere umano.


Americano: La più audace e 'stramba' dell'intero album. Gaga mescola elementi dance alla musica tradizionale, creando un pop folkloristico con sfumature mediterranee, richiami di DNA siciliano che le scorre nel sangue e che qui fortemente emerge. Americano, che quasi sembra uscita da una festa patronale di qualche piccola località del Sud Italia, mostra la versatilità della popstar a 360°. Una volta ascoltata è difficile che ti esca dalla testa quel suo ritmo così caldo, coinvolgente e viscerale.


Hair: Questo pezzo ha un arrangiamento davvero pazzesco. Sono intrecciati così tanti strumenti e melodie diverse che non si può non rimanerne folgorati. Il sassofono di sottofondo regala un tocco malinconico a un brano up-tempo che però suonerebbe bene anche se fosse una ballata piano-voce. Il timbro della voce di Gaga nel finale è bello come non mai ('I am my hair, my hair, all the glory that I bear...'), struggente, disperato e liberatorio, si erge sulle chitarre, sulla batteria e sul sassofono come lo strumento più bello tra tutti.


Scheiße: Un altro brano dal sound martellante e quasi ipnotico in cui Gaga 'si diverte' a cantare in tedesco. Le strofe sono molto più potenti del ritornello che, per la prima volta da inizio disco, un po' dà di già sentito. Sembra quasi un pezzo anni '80 dei Depeche Mode, con un intreccio di synth e tastiere molto trascinante.



Bloody Mary: Posso urlare al CAPOLAVORO? Tetra, spettrale ed epica sono i primi tre aggettivi che mi vengono in mente per questo brano fantastico, che sembra quasi uscito da una moderna rivisitazione del musical 'The Rocky Horror Picture Show'. L'organo elettronico ed i background vocali sono di un'inquietudine assurda. Il tema religioso è predominante, ma come tutto il disco si veste di un'oscurità calamitante che solo la storia dell'agghiacciante Maria I d'Inghilterra, conosciuta appunto come 'Maria La Sanguinaria' per le innumerevoli esecuzioni capitali verso i suoi oppositori, può rievocare. Sono brani come questo che ti fanno affermare con convinzione che Lady Gaga in questo disco ha senza ombra di dubbio fatto avanzare di qualità il mondo del pop.


Bad Kids: Ci aveva promesso una svolta glam-rock ed eccola arrivare con questo pezzo. È uno dei brani in cui si sente maggiormente l'ispirazioni di quelli che sono i miti e le leggende musicali da lei sempre venerati, come Freddie Mercury e David Bowie. Il testo è uno di quelli in cui maggiormente la Mother Monster dà coesione ad un fanbase ben preciso, 'i reietti' nella società dell'omologazione che ora non hanno più alcuna intenzione di restare sullo sfondo e vogliono finalmente far sentire la propria voce.

Highway Unicorn (Road To Love): Un altro inno. Uno di quelli 'da stadio', da cantare a squarciagola durante un suo live, sentendo la folla vibrare attorno e avvertendo di essere parte di un 'tutt'uno'. Si ripete un po' il connubio rock/80's della precedente traccia, aggiungendovi però un ritornello molto più melodico e solenne ed un testo che ancora una volta richiama all'amore universale senza limitazioni di genere.


Heavy Metal Lover: Sperimentale al massimo. Anche qui Gaga osa superare le barriere del pop canonico, entrando nell'elettronica più profonda, quasi come spesso fanno i gruppi 'electro-pop' come i Goldfrapp. La voce a metà tra parlato e sussurrato è quasi onirica. Sarebbe perfetta come 'video interlude' in un suo show.


Electric Chapel: Ancora un mix di rock ed elettronica, con un retrogusto dark perfetto per essere colonna sonora di una vecchia pellicola horror di Dario Argento, stile Goblin in 'Profondo Rosso'. Le chitarre nel finale sono pazzesche, con la voce di Gaga che dal canto diventa quasi un potente ruggito.


Yoü And I: Sembra un pezzo dei migliori Queen, non a caso abbiamo Brian May alle chitarre. Questo brano dimostra quanto Gaga sia potente vocalmente e quanto la sua voce si adatti ad ogni genere. La dance è un genere che spesso, per colpa dell'uso eccessivo di sintetizzatori, vocoder ed autotune, non permette di far apprezzare le qualità vocali di un'artista, ed è per questo che qui la popstar si spoglia completamente dei panni da 'disco-girl' per rivestire quelli della front woman di una rock band che intona la sua ballata migliore.


The Edge Of Glory: Perfetta chiusura, quasi si ricollega alla prima traccia, come in un cerchio, richiamando quelle notturne atmosfere newyorkesi, qui ancora più pregne di malinconia grazie al prepotente sassofono di Clarence Clemons. La linea melodica è molto lineare, perfetta infatti anche privata di ogni arrangiamento e suonata solo al pianoforte, a ricordare quel modo di fare 'euro-dance' che tanto piaceva tra la fine anni dei '90 e gli inizi del 2000. La voce di Gaga è poi quel che fa la differenza... riuscireste mai a commuovervi ballando un pezzo disco? Con The Edge Of Glory ed il suo toccante testo sicuramente la risposta è sì.

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