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MAYHEM | Vi racconto il caos di Lady Gaga...

  • Immagine del redattore: Davide
    Davide
  • 16 mar
  • Tempo di lettura: 6 min

Ogni volta che Lady Gaga rilascia nuova musica il mondo sembra tremare. Fan, tra i più agguerriti che mai, industria dello spettacolo, critica musicale, pubblico generalista… tutti aspettano trepidamente ogni sua nuova uscita discografica.


"Come suonerà? Che look avrà? Di cosa parlerà? Che parrucca indosserà? Ci sarà un tour (cit.)?"

Stefani Joanne Angelina Germanotta in effetti ci ha abituati, in questi leggendari 17 anni di carriera, a così tante e repentine svolte artistiche che ormai ogni suo comeback diventa iconico e virale. Considerata una delle più grandi artiste della sua generazione, Lady Gaga, a distanza di 5 anni dal suo ultimo lavoro in studio, Chromatica, ha pubblicato il 7 Marzo 2025 il suo ultimo progetto musicale, il disco Mayhem. Le aspettative, anch'esse come sempre, erano altissime, e la direzione che il nuovo album avrebbe preso sembrava questa volta più che mai già anticipata dai suoi singoli apripista.



Sono sempre stato convinto che Lady Gaga, per quanto estremamente versatile non solo musicalmente, sia davvero molto brava essenzialmente in due cose: creare ballad strappalacrime e sfornare pezzi dark-pop martellanti. Per intenderci, pensiamo a due suoi brani iconici, Shallow e Bad Romance: se un marziano improvvisamente atterrasse sulla Terra e mi chiedesse "Chi è Lady Gaga?" gli farei ascoltare sicuramente questi due pezzi come riposta.

Mayhem sin da subito è sembrato richiamare proprio le sonorità electropop più oscure e robotiche della Gaga degli inizi, timide in The Fame, consolidate in The Fame Monster, e leggendarie in Born This Way. I singoli d'apertura, Disease e Abracadabra hanno ricevuto un accoglienza calorosissima tra i little monsters (nome con cui è conosciuto il suo fanbase) che chiedeva da troppo a gran voce un ritorno della loro beniamina alle origini. Dopo il meraviglioso Born This Way infatti Gaga ha deciso di sperimentare il più possibile musicalmente, disorientando da un lato e sorprendendo da un altro, già con il poco compreso ed estremo Artpop, poi con le sonorità più rock/country di Joanne, fino alla euro dance di Chromatica, e senza dimenticare i paralleli progetti jazz con Tony Bennett.

La richiesta di una nuova hit che ricordasse gli esordi poteva essere un'arma a doppio taglio. Il rischio era quello di ripetere sé stessa assecondando i fan ma deludendo la critica, motivo per cui probabilmente la stessa artista ha disatteso per molto tempo la domanda. Tuttavia le atmosfere cupe di questi due primi singoli, gli outfit stravaganti, le coreografie alla Rocky Horror Picture Show e i ritornelli balbettati, che sono diventati il suo marchio di fabbrica, hanno fatto pensare che Mayhem sarebbe stato davvero il disco del ritorno al POP più industriale e caotico. Del resto come biasimarci. Il tema del doppio, sin da subito evidente nelle clip di Disease e di Abracadabra, e poi ribadito nella cover ufficiale del disco, il rimando alla lotta interiore, al "caos" esistenziale e alla sua scoperta, consapevolezza e forza salvifica, erano abbastanza definiti e promettenti.


Ma così non è propriamente andata!

Quel "casino" a cui Gaga ci stava preparando sarebbe stato molto più audace e sorprendente...



Lungi dall'essere prevedibile, Lady Gaga ha sfornato un disco che non è esattamente così cupo e disturbante come i fan si aspettavano. Il caos generato da Mayhem è più interessante e risiede proprio nella sua capacità artistica di riuscire a creare in un solo progetto una miscela esplosiva di generi, ancora un volta differenziati e diversificati tra loro, ma tutti riconducibili ad una matrice comune, quella del pop.

Sono tantissimi i rimandi, non solo ai suoi precedenti album, ma al mondo della pop music in generale, quasi da pensare che questo disco possa davvero essere un manifesto, una sorta di summa di quel che questo genere ha esplorato negli scorsi decenni.


Ma è solo questo? Ci si limita davvero soltanto a fare una revisione del passato? Beh, assolutamente no.


In Mayhem è come se Lady Gaga avesse preso cinque decenni di mainstream musicale, includendo anche la "vecchia" sé stessa, per mescolarli sapientemente. Davanti al risultato ha voluto aggiungere qualcosa di nuovo, rendendo questo composto disforme di suoni così "suo", così maledettamente "gaga", da portarci sì nostalgicamente indietro nel tempo, ma allo stesso modo sbalzandoci improvvisamente anche nel futuro, verso quello che la musica pop può rappresentare negli anni a venire. La dicotomia presente in Mayhem dunque non è semplicemente e superficialmente quella tra il presente e il passato dell'artista, è qualcosa di più globale, quasi accademico, nei confronti della storia della musica pop e in tutte le sue sotto-sfumature. Ci sono i rimandi alla disco music anni '70 in brani come Garden Of Eden e Zombieboy, il grunge rock della migliore Madonna anni '90 in Perfect Celebrity, Prince e Bowie che fanno l'amore nel funky di Killah e nelle chitarre di LoveDrug, e la celebrazione del King of Pop, Michael Jackson, nella uptempo Shadow Of A Man. In questa reverenziale retrospettiva non mancano riferimenti anche al pop più recente, non solo in pezzi come Don't Call Tonight e Vanish Into You che ricordano, il primo, i passi iniziali di Stefani nell'industria musicale, il secondo quel mood da "mi dispero piangendo sulla dancefloor" del più recente Chromatica, ma anche in How Bad Do U Want Me. Tra le più controverse del disco, la decima traccia di Mayhem ricorda così tanto la Taylor Swift di 1989, quella delle sonorità 80's alla Yazoo, da far pensare in prima battuta che si tratti di una collaborazione tra le due. Le backing vocals sono così maledettamente swifties da mandare in delirio due tra i fandom più solidi della Gen Z (anche se in realtà nei crediti del pezzo non c'è nessuna traccia di Taylor). M cosa rende tuttavia questa traccia, nonostante le premesse, così disperatamente Gaga? La sua voce. E questo discorso vale per tutto il disco. Quella spolverata di novità infatti che un lavoro così amarcord come Mayhem possiede è in gran parte dovuta allo strumento principale di cui tutta la produzione si avvale. Accanto ai synth così démodé, alle chitarre graffianti e al basso feroce dell'intero progetto, la voce di Lady Gaga suona come lo strumento più importante e distintivo. Calda, avvolgente, potente, la sua vocalità non è mai stata così eccellente come in questo disco, evidenziandone la maturità raggiunta negli anni.

Un altro aspetto sorprendente di molti brani dell'album risiede nella struttura delle canzoni. Anche qui il concetto di caos ritorna prepotentemente. L'assenza di ordine e linearità la si ritrova nel fatto che molti pezzi siano ricchi di bridge, hook o pre-chorus che, inaspettatamente ed in contrasto con la melodia principale, irrompono portandoci in direzioni musicali lontane e a volte opposte a quelle in cui credevamo di trovarci. E tutto ciò senza stranire o disorientare l'ascoltatore, piuttosto rendendo il disco una sorpresa continua nel tempo: per quanto immediato in prima facie, è solo con i successivi ascolti che si notano dettagli sempre nuovi che impreziosiscono il valore del lavoro completo.

Ad un primissimo ascolto Mayhem ti travolge e ti spettina, fino all'arrivo delle ultime tre tracce, dove i ritmi rallentano e si da il benvenuto alle ballad del disco, quelle che di primo acchito possono probabilmente sembrare le tracce meno riuscite. Discorso a parte vale per la meravigliosa Die With Smile in duetto con Bruno Mars, ormai un classico della discografia dell'artista, così immediatamente piacevole ed emozionante da sembrare una hit "troppo facile". The Beast e Blade Of Grass invece meritano un approfondimento negli ascolti più attento. La prima non ha sicuramente l'immediatezza di pezzi come Million Reasons o Hold My Hand, ma possiede la raffinatezza delle ballad heavy rock degli anni '90, a ricordarci che la Germanotta non è solo e semplicemente una "popstar sforna-hit". La seconda invece è forse la traccia più importante del disco dal punto di vista autoriale. Blade Of Grass infatti è una delle canzoni più romantiche (a modo suo) che Gaga abbia mai scritto e dalla quale emerge uno spiraglio di luce nel caos di Mayhem quasi necessario e conclusivo. In generale il disco parla molto d'amore, dei suoi momenti più belli e difficili, ma sicuramente intensi, specchio dell'attuale situazione sentimentale dell'artista con il business man Michale Polansky, che tra l'altro ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione dello stesso disco. Il benessere causato da un sentimento così ormai desueto, in un presente in cui le relazioni "usa e getta" sembrano essere motivo di vanto e lusso, ci ricorda quanto, dietro tutte le sovrastrutture, le sbalorditive scenografie e gli eccessivi outfit, resti una persona tra le più sensibili ed empatiche dello show business. C'è lei alla fine del caos, Stefani Germanotta, una donna con un dono unico, un talento raro di cui abbiamo la fortuna di godere in quest'era musicale.



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