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Tutto su Pedro Almodóvar | Parte I

Immagine del redattore: DavideDavide

Aggiornamento: 23 lug 2024

Ispirato dalla lettura del libro Pedro Almodóvar. Tutto su di me, il gigantesco testo del giornalista Frédéric Strauss, ho pensato di raccontarvi a modo mio l'intera filmografia del mio regista preferito, lo spagnolo Pedro Almodóvar. Lo farò a tappe, essendo un lavoro impegnativo che richiede la re-visione di tutti i suoi film. Questa prima parte racconta un intero decennio: gli anni '80, dal suo primissimo lungometraggio alla consacrazione internazionale.

Il testo di Strauss è composta da una serie di interviste fatte direttamente a Pedro, raccolte dal 1994 al 2007. Con questa tecnica narrativa riusciamo a comprendere il lavoro del regista grazie proprio alle sue parole: il modo migliore a mio parere per capire l'universo almodóvariano.

Per ogni film di cui parlerò darò anche una mia personale valutazione numerica, sperando che questo possa indirizzarvi o incuriosirvi nel recuperare la visione di qualche pellicola che non avete mai visto.

Il tutto sarà accompagnato da illustrazioni che mostrano il dietro le quinte o gli shooting ufficiali dei suoi film e dalle magnifiche locandine realizzate dal graphic desinger Juan Gatti e dall'artista Ceesepe.




Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio (1980)


L'esordio sul grande schermo di Pedro Almodóvar è un film ancora troppo grossolano e sconclusionato. Risente del bassissimo budget che il regista aveva a disposizione. Viene infatti realizzato quasi del tutto grazie al contributo gratuito di quelli che al tempo erano gli amici di Pedro, tra cui la sua primissima musa, Carmen Maura.

Si apprezza tuttavia l'anima punk dell'intera vicenda e la rappresentazione di personaggi 'sopra le righe' che resteranno una delle caratteristiche più importanti di tutto il suo cinema. Può essere definito un film sperimentale, una prima tappa con cui mettersi alla prova, un po' caotica ma con diversi punti fermi che resteranno immutati nel tempo.

Voto: 5


Labirinto di passioni (1982)


Film con un cast corale che mostra i primi guizzi più esilaranti che caratterizzeranno per sempre il lavoro del regista. Se da una parte ritroviamo lo stesso animo punk e la stessa sensazione di aver davanti un film girato con un budget limitato, d'altro lato la sceneggiatura risulta più solida e sicuramente più divertente rispetto al precedente lavoro.

Il discapito della coralità lo si avverte nell'aver messo insieme troppe storie senza però approfondire del tutto lo spessore dei personaggi. Nonostante ciò questi stessi personaggi risaltano e divertono per la loro bizzarria.

Voto: 6



L'indiscreto fascino del peccato (1983)


Questo terzo lavoro del regista ha un fascino peculiare che si deve all'acuto lavoro di satira religiosa messo in opera. Tutto il lungometraggio vuole essere un ritratto esasperato della Madrid post franchismo.

I personaggi da semplici macchiette dei precedenti lavori qui diventano indimenticabili, kitsch al punto di rendere l'intera pellicola un cult di quegli anni '80 più. Può risultare disturbante a tratti, seppur giostrata con consapevolezza e maestria, la continua alternanza tra sacro e profano. Per la prima volta il cast principale è tutto al femminile, con in scena le migliori attrici di questa prima era almodóvariana: accanto alla già certezza Carmen Maura troviamo infatti delle meravigliose Julieta Serrano, Marisa Paredes e Chus Lampraeve nel ruolo delle suore del convento più assurdo e depravato di Madrid.

Voto: 8


Che ho fatto io per meritare questo? (1984)


Potrebbe sembrare il primo cambio di rotta nel lavoro di Pedro, aprendosi a dei toni più drammatici, nello specifico quelli del dramma famigliare. Ma è solo una prima parvenza del tutto, visto che si alterneranno, a momenti più riflessivi e disperati, i già noti tratti peculiari kitsch ed esilaranti.

Il regista utilizza personaggi quasi surreali per rappresentare la quotidianità famigliare della classe operaia madrilena. Sempre un'ottima Carmen Maura che incarna perfettamente la disperazione (tema che verrà sempre più indagato d'ora in avanti da Pedro) femminile di una donna comune.

Voto: 8


Matador (1986)


È la prima incursione di Almodóvar nel genere thriller. Il film affronta un tema caro ed eterno agli artisti, in senso lato, da sempre: la continua contrapposizione tra amore e morte, tra Eros e Thanatos. Nel drama-thriller il regista si cimenta anche in uno slancio verso il paranormale, di cui avevamo avuto un brevissimo assaggio nel precedente lavoro.

Troviamo per la primissima volta il c.d. Febo di Pedro, il corrispettivo maschile di una sua Musa, ovvero il giovanissimo Antonio Banderas, che fa già un bellissimo lavoro di introspezione psicologica del suo personaggio. Incursione inedita fino ad ora per il regista che qui si ritroverà a scavare a fino nella psiche più oscura e complessa dell'essere umano.

Voto: 7


La legge del desiderio (1987)


Due temi iconici del cinema almodóvariano sono le basi per questo lavoro: identità di genere e relazione omosessuale. Il personaggio transessuale interpretato da Carmen Maura vuole rappresentare una nuova realtà famigliare posta in posizione critica nei confronti della morale religiosa e delle ideologie franchiste (rappresentate qui in modo caricaturale dalle istituzioni pubbliche). Interessante la commistione che la pellicola crea tra realtà-cinema-teatro. La trama si snoda attorno ad un triangolo amoroso che vuole far conoscere allo spettatore un modo diverso di amare. Dopo essere stato già affrontato nel precedente Matador, viene qui ripreso il collegamento (seppur in modo meno poetico) tra desiderio/amore e morte.

L'amore nel film ha diverse facce: quella ossessiva di Antonio (espressione ancora della Spagna franchista) e quella manipolatoria di Pablo. La vicenda scorre in modo lineare ma meno esilarante che in passato, ad eccezione forse del personaggio di Tina (espressione invece della Spagna più libertina). Sono ormai consolidati con questo lavoro i colori vividi della fotografia almodóvariana. Sarà il primo grande successo di Pedro Almodóvar fuori dalla Spagna che coincide anche con la nascita di El Deseo, casa di produzione cinematografica da lui fondata, che gli permetterà sicuramente più libertà artistica ed espressiva. Il successo del film consacra inoltre sia Banderas che la Maura sulla scena recitativa internazionale.

Voto: 7


Donne sull'orlo di una crisi di nervi (1988)


Per questo film Almodóvar volge il suo sguardo alle commedia hollywoodiane, facendo 'suo' il tutto e producendo una comedy anarchica.

Dopo la consacrazione internazionale è con questa pellicola che il regista ottiene la sua prima candidatura agli Oscar come Miglior Film Straniero. Carmen Maura è diva indiscussa dell'intero film, un'opera POP in cui esplode un'attenzione ai dettagli (nei colori e nel design) mai avuta prima. Il rosso è elemento predominante, rappresentante la passione e l'isteria collettiva che la trama mette in scena. Il tutto ha un'estetica barocca che si contrappone all'austerità dei cataloghi di moda e della televisione.

Le donne di Pedro in questo film indossano tacchi alti e tubini stretti come sinonimo di costrizione e angoscia. Dentro però sono agitate nella loro esasperazione causata dall'amore e dalla passione: il personaggio di Julieta Serrano (Lucia) è l'esempio di questa estremizzazione più forte, quella che porta alla follia, senza mai rinunciare alla comicità del genere. Accanto a lei abbiamo altre 2 figure femminili egualmente esasperate, la protagonista Pepa e la sua amica Candela. Tutte e tre le figure rappresentano tre gradi diversi di disperazione che culmina, come già detto, nella follia di Lucia. In antitesi è posta invece Rossy De Palma che con la sua Marisa incarna a pieno la frigidità e la mania di controllo con cui la società tende a cristallizzare la figura femminile nei suoi cataloghi di moda. Si ha dunque una sorta di critica verso l'empowerment femminile così come narrato dalle passerelle in quegli anni: è sempre l'uomo a causare la rottura di questa apparente emancipazione, dietro la perfetta narrazione da rivista si nasconde infatti il tormento che solo la figura di un uomo, con i suoi tormenti e bugie, può causare. Alla fine il film risulta comunque un lavoro positivo e femminista, le protagoniste infatti celebrano la loro indipendenza da ogni legame sentimentale in una rinnovata autenticità.

Altra tematica centrale, e sempre in linea con la critica sociale che Pedro compie in quegli anni, è quella dell'incomunicabilità. Le nuove tecnologie sono rappresentative di un muro per la comunicazione tra i nostri personaggi, la segreteria telefonica diviene così anziché mezzo di facilitato dialogo uno strumento di equivoci e distanze. Allo stesso modo tutti gli altri elettrodomestici del film.

Il tutto scorre su una trama lineare pregna di dialoghi veloci e divertenti che si manifesta quasi essenzialmente in un ambiente unico in cui il balcone è luogo prediletto. I balconi (ciò che è esterno), come le riviste di moda, sono infatti quel che permette all'uomo contemporaneo di gettare uno sguardo sulla modernità delle vite altrui, apparentemente perfette, ma che al loro interno esplodono nel caos.

In sostanza 'Donne sull'orlo di una crisi di nervi' è per me il film in assoluto più esilarante di Almodóvar, quello in cui si compie perfettamente quel connubio tra esplosione cromatica, glamour e tragedia comica. Tre degli elementi che il regista sa gestire meglio.

Voto: 10


Légami! (1989)


In questo film di fine anni '80 Almodóvar torna a maneggiare il genere thriller ed ovviamente lo fa a modo suo, mescolando varie influenze, con un risultato finale che non permette poi all'intera pellicola di essere classificata in una sola ed un'unica categoria. È una storia, quella di Légami!, che parte come un buon thriller ma che finisce poi col parlare d'amore, toccando picchi anche romantici, di un amore ovviamente atipico come tanto piace al regista. Anche qui ritroviamo il binomio tra sentimento e ossessione, cosa che ci conferma quanto a Pedro piaccia scavare a fondo nella psiche dei suoi personaggi. L'amore che tiene stretto a sé il proprio partner, in modo coercitivo e violento, ha una velatura fanciullesca ed ingenua grazie al personaggio di Banderas, che recita divinamente. Il legame sentimentale viene rappresentato letteralmente da un legame fisico, in cui il partner è ingabbiato ed intrappolato nel sentimento vissuto dall'altro.

Come nei precedenti lavori il cinema torna ad essere elemento cruciale per la trama: è una storia nella storia quella che vediamo qui rappresentata, dove i personaggi principali, proprio come degli attori, mettono in scena forzatamente una vita di coppia idilliaca che col tempo, nonostante le forzature iniziali, diventerà proprio tale. Il messaggio, nonostante le premesse iniziali, è molto positivo: l'amore salva i personaggi di Pedro, e non importa il mezzo con il quale si è avuto accesso a questo sentimento, ciò che conta è aprire il proprio cuore ad un'altra persona come fonte di salvezza. In fondo la costrizione, la sofferenza ed il dolore sono un aspetto che molte relazioni vivono consensualmente nell'atto sessuale, baciando pensiero sadomachista secondo cui c'è sempre del piacere in un po' di dolore. E sotto questo punto di vista il film è davvero molto avanguardista.

Ciò che ad un primo approccio infatti ci può sembrare sbagliato viene poi normalizzato dallo spettatore, in un gioco di sottile confine tra bene e male che diviene ancora una volta mezzo per criticare l'incomunicabilità del contemporaneo. Le scene più violente vengono alla fine quasi comprese nell'ottica di un mondo che non sa guardare ed ascoltare il diverso, ed è proprio questa indifferenza a generare violenza.

Notevole la colonna sonore di Ennio Morricone e la recitazione dei due protagonisti: Antonio Banderas, come già detto, e Victoria Abril. E ancora una volta interessante lo sguardo gettato su Madrid e su alcune realtà devianti, come quelle delle bande criminali e dello spaccio di droga.

Voto: 8

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