top of page
  • Immagine del redattoreStefania

Anna Karenina | La drammaturgia dell’amore

“Non si chiede il perché quando si parla di amore ...”



Bisogna imparare a non chiedere i “perché”, a non osservare distrattamente ciò che in realtà non può dedicarsi a noi, piuttosto ricerchiamo e inseguiamo il vero amore, quello che si ritrova nei film in bianco e nero, quello che ti regala quelle dolci malinconie nel cuor della notte.

Proprio questo evidenzia Anna nel silenzio assordante di questa frase a Vronsky, il quale ripensa e cerca un perché all'amore incondizionato che lei riesce a donargli e che lui non può più regalarle. Un amore che lo sguardo di lui aveva catturato inizialmente, quando Anna scese dal treno, e quei raggi solari le baciarono il viso.



“Scese, evitando di guardarla a lungo, come si fa col sole, ma vedeva lei come si vede il sole, anche senza guardarla”





L’immaginazione nel cogliere le fantasticherie della mente, ci permette come in una commedia, di percepire questa scena ben rappresentata all'interno del manoscritto di Tolstoj. Questo turbinio di emozioni, difficili da non essere incentrate all'interno di una drammaturgia teatrale, permette al regista Joe Wright nel 2012 di inscenare quest’opera all'interno di un vero e proprio teatro.

Tra una scenografia e un cast eccezionale (Jude Law e Keira Knightley), ci si immerge nel mondo apparentemente lussuoso della Russia del tempo, dove l’ambiente nobile e regale in realtà maschera i pettegolezzi delle voci assordanti delle dame.



Il fruscio delle voci di sottofondo accompagnano come fossero cornici, le scene che si susseguono all'interno del palcoscenico della vita, dove reale e fantastico non si dissociano più, dove l’immaginario di Anna Karenina che si suicida per amore non si distacca dalla drammaturgia che oggigiorno affligge l’essere umano.



Eppure bisogna sempre ricercare la speranza nello sguardo dell’altra persona, nello sguardo amico che ancora una volta sussurra di rimanere su quel treno e aspettare di scendere alla prossima fermata, nella quale non sarà Vronsky ad attendere che scendiate, bensì il non ricambiato Levin, colui che sapeva realmente amare Kitty .


E successivamente come in qualsiasi commedia, il finale alle volte rimane in sospeso, lasciando al fruitore il compito di trovare una conclusione alla teatralità della vita che Tolstoj seppe ben racchiudere nella propria drammaturgia e Wright ben rappresentare.



Io penso – disse Anna, giocando con un guanto che si era tolto – “Io penso…se è vero che ci sono tante sentenze quante teste, così pure tante specie d’amore quanti cuori


94 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
Post: Blog2_Post
bottom of page