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Ingrid Va Ad Ovest - E noi completamente alla deriva

Immagine del redattore: DavideDavide

Non c'è nulla di più bello del restare piacevolmente stupiti da una pellicola che decidi di guardare con 'zero' aspettative e con la sola voglia di fatuità. Avevo voglia di una commedia leggera, di qualcosa che non mi facesse riflettere su tematiche esistenziali, insomma, di una 'americanata' come tante. Così, scorrendo il catalogo Netflix, mi imbatto in Ingrid Va Ad Ovest, l'opera prima dell'esordiente regista Matt Spicer, che dal trailer sembra rispettare tutti quei presupposti da 'comedy' spensierata che in quel momento cercavo... ...Ne sono stato poi però ribaltato!

Questo film del 2017 sbarca in Italia solo nel 2021 ed esclusivamente su piattaforme streaming.

È la storia di Ingrid, una ragazza ossessionata dai social media che, dopo un periodo trascorso in rehab per risolvere quella che è ormai una dipendenza da smartphone, torna prepotentemente all'utilizzo di Instagram ed alla ricerca del modello di donna perfetta da imitare e, allo stesso tempo, stalkerare. La sua vittima è Taylor Sloane, una giovane influencer californiana dalla vita apparentemente esemplare, che fa dei suoi scatti e dell'utilizzo mirato degli hashtag una vera e propria filosofia di vita. L'ossessione verso Taylor spinge Ingrid a stravolgere completamente la propria esistenza, seguendo un turbine di situazioni tragicomiche che la porteranno a sfiorare il fondo dell'abisso, in un finale dolciastro aperto a molteplici interpretazioni, quasi tutte poche rassicuranti verso la generazione 2.0.



La ricerca della perfezione è sicuramente il tema portante e più diretto del film, una perfezione forse a cui l'uomo ha da sempre ambito, in ogni epoca storica, ma che oggi appare molto più facilmente esposta in vetrina, e quindi godibile, grazie al web. I social sono oggi ormai parte integrante della nostra personalità, una sorta di appendice del nostro corpo, con uno spettro piuttosto ampio di possibilità di diventare un'arma a doppio taglio che, anziché farci emergere socialmente, potrebbe invece affossarci del tutto. Se da un lato infatti il loro utilizzo è sicuramente un intelligentissimo strumento di condivisione che favorisce i rapporti umani, professionali e famigliari (soprattutto oggi, in un mondo in cui le distanze fisiche si fanno sempre più pressanti), d'altro canto spesso essi finiscono con il diventare erroneamente l'immagine che NOI vogliamo dare di noi stessi, non riflettendo più le nostre verità, e ferendo pericolosamente chi ci circonda ma soprattutto il nostro 'io'.

Ingrid è una donna con una psiche molto fragile, cui unico e solo rapporto sociale rilevante è stato da sempre quello con una madre malata. Sa poco del mondo esterno e di cosa voglia dire avere un'amica, perciò, nel momento in cui questa figura materna così importante (di cui la pellicola in realtà dice poco e lascia tanto da esplorare alla nostra immaginazione) viene a mancare, si ritrova a cercare disperatamente un sostituto affettivo che possa colmare questo tipo onnicomprensivo di mancanza. Lo fa però nel modo più sbagliato che ci sia, ma che è allo stesso tempo anche il più facilmente fruibile: tramite il social media. La sua persona, così priva di una identità corazzata, finisce così con il modellarsi camaleonticamente a quella di chi, nel 'micromondo Instagram', appare più forte in doti e valori, misurati ovviamente nel numero di followers ottenuti.

In questo film, cui personaggio principale è senza ombra di dubbio un modello di riferimento negativo, una sorta di anti-eroe postmoderno, ci si finisce paradossalmente con l'empatizzare solo ed esclusivamente con la stessa Ingrid. L'intero universo di individui che le ruotano attorno, e che dovrebbero rappresentare una conformità alla 'normalità', è volutamente dipinto privo di qualsiasi profondità nella 'caratterizzazione del personaggio', risultando così quasi più frivolo della stessa Ingrid e del suo modo malato di vedere il mondo. La follia della ragazza, che subito risalta come irritante e fastidiosa, viene poi completamente compresa e rivalutata, fino al punto in cui lo spettatore si ritrova a percepirla come una vittima più che una carnefice. Unica eccezione, in questo teatrino di figure stereotipate e prive di contenuto, è Dan Pinto, un ragazzo californiano che avrà il compito di intervenire nella inevitabile tragedia, come 'deus ex machina', cercando di dare una soluzione ad un conflitto che ormai sembra essere completamente alla deriva. Agli Indipendent Spirit Awards del 2018, Ingrid Va Ad Ovest si aggiudica il premio per la migliore Regia Esordiente, mentre al Sundance Film Festival ne viene premiata la Sceneggiatura. In un prodotto impacchettato da cofanetto strappa-risate ritroviamo in realtà un mondo pieno di caos, che è sostanzialmente lo stesso in cui attualmente ci ritroviamo. La deriva di Ingrid è un po' una metafora di quella che travolge tutti noi, causata dalla eccessiva innovazione tecnologica che disumanizza le identità e che pone una serie di interrogativi sfiducianti riguardo il nostro futuro. Il problema di fondo, che acceca l'uomo moderno da quelli che potrebbero essere gli effetti devastanti di questo nostro vivere intrappolati in una 'rete', è proprio che la trappola ha un sapore dolce, allegoria propria del genere 'black-comedy' e del gusto con cui la storia di Ingrid si conclude. La prostituzione della nostra quotidianità a che punto dovrà arrivare per essere considerata deviante? Quale livello di frustrazione l'essere umano può sopportare prima di potersi definire dipendente da questa frenesia da condivisione?

'Se non hai nessuno con cui condividere quello che fai a che serve vivere?'



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