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Lana Del Rey | La demolizione del sogno americano

Il 30 Agosto 2019 l'artista Lana Del Rey (all'anagrafe Elizabeth Woolridge Grant) ha rilasciato la sua ultima fatica discografica intitolata 'Norman Fucking Rockwell!'. Si tratta del sesto album in studio della cantante americana, con il quale raggiunge nuovamente la vetta delle classifiche mondiali, ottenendo tra l'altro anche un ottimo riscontro dalla critica musicale che posizionerà il disco tra i più belli della scorsa annata. Tuttavia, dall'attitudine con cui Miss Grant è planata nell'universo delle artiste contemporanee più amate, ho sempre percepito una sorta di indifferenza verso l'andamento delle classifiche, dei trend musicali, delle onorificenze e dei riconoscimenti. Proprio come una vera outsider, Lana ha da sempre mescolato le sue movenze da ultima diva di un passato ormai in decadenza, ad un'anarchia spietata, propria delle più grandi frontwoman del mondo delle band punk rock. Nonostante l'enorme successo che da un decennio ottiene, la Del Rey, infatti, sembra eternamente restia a qualsiasi forma di ostentazione: è raro vederla sul red carpet presenziare a qualche evento mondano, e spesso, agli occhi di un pubblico meno attento, la sua innata timidezza è quasi apparsa come inerzia verso il suo lavoro (restano celebri, o forse male interpretate, le parole rilasciate dopo il suo primo disco di successo, Born To Die, in cui sembrava voler già porre fine alla sua carriera artistica). Per alcuni questa dimensione quasi 'aliena' rispetto agli stereotipi dello show business è sembrata una sorta di forzatura, un po' un ricalcare un personaggio ben studiato, ma basterebbe in realtà ascoltare attentamente un suo disco per rendersi conto dell'esatto contrario: dalla scrittura alla produzione, il suo intero lavoro è tutto autenticamente nudo e privo di fronzoli da hit-maker.


La mancanza di artificio, inoltre, la si può ben notare anche dalla bellezza imperfetta con cui espone la sua immagine: siamo lontani dagli stereotipi prettamente POP, che vogliono le artiste femminili contemporanee perennemente al top della loro forma fisica ed estetica. A Lana Del Rey basta indossare un vestito appena comprato dai grandi magazzini, come avvenuto per gli ultimi Grammy Awards, e non essere sempre e del tutto tonica ed allenata, per riuscire comunque a brillare di un'eleganza unica. Il suo ultimo disco è stato accompagnato da un visual concept, curato in foto e video da sua sorella Chuck Grant, del tutto spogliato degli inganni da photoshop e lontanissimo anni luce dal glamour della campagna Gucci Guilty di cui, assieme all'amico Jared Leto, è stata volto. Gli scatti per NFR, che la ritraggono quasi sempre in t-shirt, jeans e con un filo di trucco, mostrano una Lana Del Rey di una semplicità abbagliante che poche celebrità hanno il privilegio di trasmettere. Nel mondo di Norman Fucking Rockwell tutto sembra ridotto ai minimi termini, essenziale, come essenziale è musicalmente l'intero progetto. L'album, prodotto dalla stessa Elizabeth Grant assieme al musicista Jack Antonoff, è sicuramente, dal punto di vista sonoro, il più omogeneo della sua intera discografia. I brani, che restano quasi sempre in una dimensione sadcore e soft rock, suonano in termini più banali quasi tutti come delle ballad, con una produzione molto minimal e priva di sovrastrutture. La scelta di omologare del tutto il sound ad uno sviluppo più lento è sicuramente mirata a porre l'attenzione maggiormente sui testi: come si fa con le poesie, bisogna soffermarsi ad analizzare le parole con dei tempi rallentati, accompagnando lo sfondo musicale con pochissimi strumenti che, quando tendono in rari momenti ad una produzione più complessa, restano sempre e comunque nell'area dello psichedelico, in una sorta di trance strumentale, come quella che troviamo nel finale di Venice Bitch.

Questo disco è una sorta di macchina del tempo in grado di portarci indietro ad un'epoca ben precisa, quella a cavallo tra i due dopoguerra, in un America rigogliosa economicamente e di cui, proprio l'illustratore Norman Rockwell, ne fece il suo marchio di successo. Le vittorie militari, l'espansione industriale, il fordismo ed il taylorismo, il flusso migratorio in entrata dal 'Vecchio Continente', sono alcuni dei molteplici fattori che dai primi anni del '900 fino ai 70s hanno reso gli Stati Uniti il paese dei sogni e terra di ambizioni (la tematica dell'irrefrenabile arrivismo, come effetto collaterale della ricchezza capitalista, la si ritrova ben nitida nel brano The Next Best American Record). In questa bolla nostalgica in cui Rockwell ritrae l'American Dream della classe borghese, Lana irrompe prepotentemente demolendo pezzo per pezzo tutto quel che ha contribuito a rendere il suo Paese uno specchietto per le allodole, con un parallelismo costante tra il momento in cui nasce questa mera utopia e i nostri giorni, e di cui Los Angeles ne diviene emblematicamente la rappresentazione. La stessa copertina del disco rappresenta a pieno il tenore critico che l'artista vuole comunicare: Lana è fotografata a bordo di una barca su cui è issata la bandiera degli Stati Uniti, assieme all'attore Duke Nicholson, con la mano tesa, sembra proprio verso noi 'ascoltatori', pronta ad invitarci in quella che è una California a metà strada tra realtà ed illustrazione. Sullo sfondo, infatti, il paesaggio è in fiamme (gli incendi scoppiati nel 2018 sulla West Coast statunitense diventano qui simbolo di caos e declino), mentre la parte superiore del cielo si trasforma pian piano in un'illustrazione, un ovvio richiamo all'artista che dà il titolo all'album.

'You lose your way, just take my hand

You're lost at sea, then I'll command your boat to me again

Don't look too far, right where you are, that's where I am

I'm your man'

(Nel singolo Mariners Apartment Complex troviamo, a raccontarci l'immagine di copertina, questo verso del tutto didascalico).




'One dream, one life, one lover

Paint me happy in blue

Norman Rockwell, no hype under our covers

It's just me and you'

NFR è a suo modo anche un disco fortemente femminista, è il racconto disilluso di una donna verso un amore che crolla lentamente, come nel testo della title track Norman Fucking Rockwell, che è poi la stessa distruzione che simbolicamente subisce la società statunitense (questo parallelismo tra decadenza sociale e sentimentale sarà una costante di tutto il progetto).



'So I moved to California but it's just a state of mind'

In Fuck It, I Love You c'è tutta la consapevolezza di vivere un amore tossico, che disarma e mette a nudo l'animo, in un continua dicotomia tra attrazione e repulsione verso l'amato, che è poi la stessa provata verso la tanto 'sognata' California.

Il tema della tossicità nei rapporti di coppia viene ripreso in Cinnamon Girl dove, più nitidamente, la relazione diviene sottomissione, al pari di quella che si può provare verso uno stupefacente. Il riferimento a droghe, alcool ed altri tipi di dipendenza, è una tematica sempre presente nei dischi di Lana Del Rey, in quest'ultimo brano in particolar modo, nel parallelismo presente con le relazioni affettive, acquisisce un romanticismo inedito e consapevole nel nutrirsi di qualcosa di estasiante per un breve lasso di tempo, ma che a lungo termine, divora e distrugge. E' la ricerca della felicità negli attimi, senza considerazione dei suoi effetti nel tempo, che rendono amaramente idilliaca la prospettiva dell'amore raccontata nel disco. Gli incontri fugaci, la ricerca disperata nella confusione della modernità di attimi di passione, consci della loro illusione, sono temi portanti anche in brani come How To Disappear, California, Bartender e Happiness Is A Butterfly.


'Happiness is a butterfly

Try to catch it like every night'


A me piace pensare che ogni singola canzone dell'intero progetto possa essere in 'musica' quel che visivamente su tela può essere un 'dipinto'.

In alcuni pezzi si sente tutto il vissuto della Del Rey, sperimentato e poi cantato in prima persona, altre volte invece, come in Doin' Time (tra l'altro unica cover presente nell'album), la cantante appare come narratrice, una voce fuori campo, che, con la stessa maestranza utilizzata da un pittore nel creare 'realtà', con il solo strumento della voce, dipinge spaccati di vita in cui l'alternanza tra sogno ed illusione è intensissima.

'Dream a dream, here's a scene'

Il tema del sogno è un'altra colonna portante del disco, quella che più emoziona. In Love Song, uno dei brani migliori della sua intera carriera, è devastante l'innocenza e la purezza propria di un romanticismo superato, che desidera vivere e resistere anche solo per una notte, alienandosi dalla realtà del giorno, proprio come accade al crepuscolo nei sogni di ognuno.

Altrettanto struggente è The Greatest, vera e propria rappresentazione in musica della 'nostalgia', che riesce più di qualsiasi altro pezzo presente nell'album a rappresentare quel parallelismo tra l'America dei lavori di Norman Rockwell e la nostra società contemporanea, oscillando tra passato e futuro con grandissima naturalezza: il quadro perfetto è ormai in fiamme, come Los Angeles, tutto quello che ci hanno proposto come modello di vita è solo una chimera, e quello spazio, quel mondo alieno che tanto ossessionava l'uomo negli anni '70, marchiandone indelebilmente anche la cultura musicale e cinematografica, è ormai il nostro presente, sulla pianeta Terra.

''Life on Mars' ain't just a song'


Ma è la traccia che chiude il disco, Hope Is a Dangerous Thing for a Woman like Me to Have - but I Have It, il vero 'MANIFESTO' di Norman Fucking Rockwell!. E' come se tutte le tematiche tra cui Lana ha spaziato nelle precedenti tracce si ritrovino faccia a faccia in quest'ultimo brano, per una resa dei conti definitiva, che suona come un epitaffio verso i sognatori. L'arrivismo, il sogno, la fugacità della felicità e della passione, la decostruzione del sogno americano, la prospettiva femminile del mondo, è qui tutto compatto in una ballata al piano, costruita unicamente attorno alla voce della cantante, minimalista ed emotivamente potente al contempo. Quel muro su cui Rockwell ha appeso le sue opere è ormai crollato, abbattuto, ed è dal caos di questa distruzione che sembra aprirsi una piccola luce di speranza che, come un ponte sospeso, conclude questo viaggio tra il nostalgico e l'apocalittico in cui Lana Del Rey ci ha accompagnato, lasciandoci in bilico in attesa di un seguito, probabilmente in arrivo con il suo prossimo progetto artistico.



'Hope is a dangerous thing for a woman like me to have

But I have it

Yeah, I have it

Yeah, I have it

I have...'

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