top of page
  • Immagine del redattoreStefania

Midnight In Paris | La sindrome dell'epoca d'oro

Aggiornamento: 7 ott 2020



“Non si può scegliere se Parigi sia più bella di notte o di giorno, ti posso dare un argomento che mette ko sia l’una che l’altra ipotesi.. Sai a volte mi chiedo come qualcuno possa realizzare un libro, un dipinto, una sinfonia o una scultura che competa con una grande città. Non ci si riesce, ci si guarda intorno e ogni strada, ogni boulevard, sono in realtà una speciale forma d’arte. E quando qualcuno pensa che nel gelido, violento e insignificante universo esiste Parigi ed esistono queste luci, insomma andiamo non succede niente su Giove o su Nettuno, ma qualcuno lassù dallo spazio può vedere queste luci, i caffè, la gente che beve e che canta. Per quanto ne sappiamo, Parigi è il posto più cool dell’universo…”

(Gil Pender – Owen Wilson)


Effettivamente, chi non sogna Parigi?

Passeggiare solo e spensierato tra le vie della città, affiancato da quella melodia romantica che costeggia la colonna sonora della vita, con l’unica compagnia che ti può affiancare: quella dolce nostalgia del passato. Il sovrastante pensiero di Gil, invoglia a vivere un’avventura senza precedenti, immersi nel paesaggio magico e surreale dello scenario parigino degli anni ‘20; un mix che creerà un’alchimia tra presente e passato, avente la leggerezza malinconica dei romantici.


Protagonisti e registi della commedia della vita, ignari del presente che scorre imperterrito come un fiume, amanti e sognatori di un tempo che non può tornare, catapultatevi in quest’avventura che Woody Allen presenta come un capolavoro dal sapore agrodolce.

Un ritorno al passato che farà immergere lo spettatore nel sogno parigino di un tempo lontano dal nostro; ci ritroveremo ad affiancare il protagonista Gil Pender (interpretato dal carismatico Owen Wilson) in un viaggio alla ricerca della propria consapevolezza e del proprio “io”, riuscendo a trovare una propria collocazione nel mondo che sembra alle volte sopirlo. Saremo tutti viandanti incompresi, affetti dalla cosiddetta sindrome ''epoca d’oro'': l’idea errata che un diverso periodo storico sia migliore di quello in cui si vive. Un difetto immaginario romantico di alcune persone che trovano difficile cavarsela nel presente, poiché sembra non rispecchiare valori che invece contraddistinguono il proprio essere. Chi non ha mai paragonato il presente al passato?


“La nostalgia è negazione, negazione di un presente infelice. E il nome di questo falso pensiero è: sindrome epoca d’oro, cioè l’idea errata che un diverso periodo storico sia migliore di quello in cui viviamo. Vedete, è un difetto dell’immaginario romantico di certe persone che trovano difficile cavarsela nel presente.”


In questa pellicola, dove si sperimenta la dicotomia tra sogno/realtà e fantasia/verità, si riscontra la volontà da parte del regista di evidenziare l’utilizzo di un tempo andato per poter vivere a pieno il presente, poiché “Il passato non è affatto morto, anzi non è nemmeno passato!”. Il tutto rimarcato, dalla bravura di Owen Wilson (attore a mio parere camaleontico, come Jim Carrey, poiché capace di interpretare anche ruoli più seri come in “No Escape - Colpo di stato”, senza far rimpiangere l’etichetta affibbiatali di “attore da commedia”), il quale riesce ad inscenare l’immaginario dell’uomo insoddisfatto dalla realtà quotidiana che cerca l’evasione da quella estraneità ai propri occhi, autodefinendosi alienato dal mondo circostante.


Gil scoprirà l’evasione inconsapevolmente, vivendo un vero e proprio sogno ogni mezzanotte e si catapulterà negli anni ‘20. Si immergerà nel lusso e nella mondanità che infestò le strade parigine in quegli anni, abitata dai propri miti letterari e artistici: Ernest Hemingway (Corey Stoll), Francis Scott Fitzgerald (Tom Hiddleston), Salvador Dalì (Adrien Brody), Gertrude Stein (Kathy Bates), Picasso (Marcial Di Fonzo Bo) e la sua amante e modella Adriana (Marion Cotillard), con la quale lo stesso protagonista troverà una grande affinità, tanto da fargli rivalutare la veridicità dei propri sentimenti nei confronti della sua fidanzata Inez (Rachel McAdams).


"Non scrivi mai bene se hai paura della morte. Io penso che l'amore vero, autentico, crei una tregua dalla morte... la vigliaccheria deriva dal non amare o dall'amare male e quando un uomo vero e coraggioso guarda la morte dritta in faccia come certi cacciatori di rinoceronti è perché ama davvero con passione da fugare la morte dalla sua mente!

(E. Hemingway – Corey Stoll)


Aiutato ed incoraggiato dai propri beniamini, riuscirà a riscattarsi nel presente in cui è costretto a vivere, rivalutando la propria carriera professionale e intraprendendo quella letteraria. “L’artista non è chi fugge, ma chi, con la sua opera, cerca di dare senso e speranza di fronte all'insensatezza dell’esistenza”.


Grazie a questa esperienza miracolosa, Gil riuscirà a trovare sé stesso, a ricollocarsi nel mondo e a riscrivere la propria vita, partendo proprio dal manoscritto letterario che lo stesso Hemingway gli approva; rivaluta la propria poca, comprendendo che l’alienazione che provava derivava esclusivamente dalla modalità con la quale si poneva nei confronti della vita stessa. Sistema nuovamente il puzzle della propria esistenza, indipendentemente dai giudizi esterni di chi non sapeva apprezzarlo, poiché decide di lasciare Inez, ricostruire il proprio presente, e soprattutto, il proprio futuro al fianco di Gabrielle (Léa Seydoux).


Comprende che il passato non è un quadro di Van Gogh, Monet, Dalì o Picasso, da fruire e ammirare, poiché riconosce in coloro che ha incontrato durante il proprio viaggio notturno, quel sentimento di estraneità (che inizialmente lo accomunava) nei confronti del tempo nel quale son soggetti a vivere; anch'essi alienati negli anni ‘20, prigionieri della stessa sindrome (come conferma Adriana a Gil). L’intero film ci insegna a non assimilare solo sogni e illusioni effimere, ma ad analizzare le ragioni per cui li abbiamo creati; ogni passato è stato sempre un presente per qualcuno, ieri e oggi si compenetrano, e dal passato si può solamente imparare a migliorare il tempo che si abita. Perciò senza paragoni e pregiudizi verso il mondo contemporaneo, iniziamo ad apprezzarlo e a scritturare la commedia della nostra vita, consapevoli di essere sempre sognatori del futuro e narratori del tempo perduto …



187 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
Post: Blog2_Post
bottom of page