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  • Immagine del redattoreStefania

AVATAR 2: LA VIA DELL'ACQUA


A tredici anni di distanza, finalmente è arrivato il secondo film della saga “Avatar”. “Avatar 2: la via dell’acqua” è l’ennesima sfida del regista James Cameron, capace di ribaltare la forza cinematografica (anche se per alcuni la trama non conferisce nulla di nuovo), ma andiamo con ordine! La performance capture, gli effetti fisici ricreati a distanza in CGI e l’high frame rate in questo secondo capitolo hanno una cura maggiore rispetto al primo film, rendendo la realtà quasi obsoleta ai nostri occhi, accentuata dalla visione in 3D. La fusione di tutte queste innovazioni cinematografiche permettono di far risaltare la visione dell’intero lungometraggio a partire dalle scene sottomarine; la finzione diventa realtà! L’unico elemento apparentemente dissonante è la durata che si aggira intorno alle tre ore e un quarto di visione; questo è il tempo che James Cameron ha decretato per la sua pellicola, per poter visitare meglio, ancora una volta, Pandora! La trama, seppur criticata, non è esente dall’affrontare tematiche importanti e attuali quali la famiglia allargata, la fecondazione in vitro, la sfera psichica, il diverso e l’inclusione.

Tutti temi che riescono a coinvolgere ancora di più lo spettatore non più spaventato dalla lunga tempistica filmica; temi che tendono all’inclusione in un mondo che non ne conosce più il significato. Le avventure della famiglia Sully e degli abitanti di Pandora mutano dopo i tre quarti d’ora iniziali: quando Jake, Neytiri e i loro quattro figli (Neteyam, Lo’ak, Tuktirey e Kiri) sono costretti ad abbandonare la loro tribù nella speranza di essere accolti dal popolo dell’acqua poiché ricercati dagli umani. Arrivati a destinazione vengono accolti prima in modo riluttante da Ronal (Kate Winslet) che in un secondo momento li coinvolge all’interno della sua grande famiglia proteggendoli dall’avatar del colonello Miles Quaritch. Anche su quest’ultimo personaggio vengono inseriti diversi elementi che in qualche modo seppur antagonista diventa quasi fondamentale: in realtà il figlio mai conosciuto (soprannominato “Spider”), cresce e vive con la famiglia Sully ritenendosi ormai uno di loro. Questo legame sarà fondamentale ad innestare colpi di scena all’interno dell’intera pellicola.


Un susseguirsi di eventi ci consentono di conoscere meglio i personaggi e affezionarci a loro, soprattutto ai quattro figli. Neteyam (Jamie Flatters), il figlio maggiore, ha il compito di proteggere il secondogenito Lo’ak “il ribelle”; rigoroso e partecipe alla vita familiare. Lo’ak (Britain Dalton), invece è l’opposto del maggiore: avventuroso e curioso, capace durante tutta la visione del film di imbattersi in diversi guai a discapito di altri e mettendo in pericolo la loro vita … Tuktirey (Trinity Bliss) è la piccola della famiglia molto legata alla figlia adottiva dei Sully, Kiri (Sigourney Weaver).

Su quest’ultimo personaggio sarà incentrato non solo il terzo film ma l’intera saga non solo perché figlia della scienziata deceduta nel primo capitolo (Grace), ma perché capace inspiegabilmente di entrare in contatto con Eywa attraverso lunghe e pericolose crisi epilettiche. Come mai solo lei è capace di sentirla così intensamente? Come è possibile sia figlia di Grace? Chi è il padre? E’ lei Eywa? Ipotesi che troveranno risposta in futuro, l’unica certezza che si può dare in merito è che le tre ore spese nel vedere questo film non sono vane. Un susseguirsi di eventi capaci di coinvolgere lo spettatore nelle avventure dei personaggi; d’altronde questa è la magia del cinema e James Cameron non sbaglia mai un colpo! I colpi di scena e gli effetti speciali sono i contorni di cui un film non dovrebbe mai privarsi! Provare per credere! Buona visione!




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