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Everything Everywhere All At Once | Tutto il cinema in un colpo solo

Ho visto un film meraviglioso!

Ho visto un film che mi ha lasciato a bocca aperta, che mi ha stupito, che mi ha fatto sia commuovere che ridere un sacco, che visivamente mi ha rapito e che entra di diritto nella lista dei miei preferiti. Era da tanto, troppo tempo, che un'opera cinematografica non mi risultava così corposa, piena ed appagante sotto ogni punto di vista. Ma facciamo un passo indietro… la pioggia di nominations ai vari e più prestigiosi awards cinematografici mi ha spinto a recuperare Everything Everywhere All At Once, uscito in sala lo scorso 6 Ottobre 2022 e riprogrammato una seconda volta, a causa del clamore suscitato nella critica e nei già citati awards, per il 2 Febbraio 2023. La pellicola, diretta da ben due registi, Daniel Kwan e Daniel Scheinert, ribattezzati con lo pseudonimo Daniels, è una produzione statunitense dei fratelli Russo, con un cast quasi del tutto asiatico in cui brillano la protagonista Michelle Yeoh (conosciuta ai più per La Tigre E Il Dragone), Stephanie Hsu (la brillante Mei Lin della serie tv The Marvelous Mrs. Maisel) e Ke Huy Quan (indimenticabile Shorty in Indiana Jones E Il Tempio Maledetto e Data in The Goonies).


Il primissimo approccio alla pellicola, che per me di solito consiste sempre nella visione del trailer e nella lettura di una generica e sommaria trama, mi appare da subito abbastanza confuso. Quel che mi confonde (e che poi si rivela il maggior punto di forza a fine visione), è la non inquadrabilità del film in un genere preciso. Prendete un Hong Kong action movie ed inseritelo in un frullatore assieme ad un film di supereroi Marvel, ad un dramma famigliare stile This Is Us e ad una spassosa black comedy. Aggiungeteci anche un po' di Nolan ed di Doctor Strange. Infine anche un tocco di Matrix. Frullate il tutto e forse solo allora riuscirete ad ottenere qualcosa di simile, in termini di genere, ad Everything Everywhere Once At All.


La trama ci racconta della famiglia Wang, proprietaria negli Stati Uniti di una lavanderia a gettoni, e dei rapporti tesi, sterili ed aridi che intercorrono tra la coppia Evelyn e Waymond e la loro figlia Joy. Waymond, personaggio bonario e carico di speranze ed aspettative, è allo stremo: la lavanderia rischia di chiudere a causa della cattiva gestione delle spese operata da sua moglie, ogni tentativo di tenere insieme il tutto è fallace, così pensa che una richiesta di divorzio possa essere l'unica soluzione, l'ultimo tentativo, per riuscire a metter fine ad una vita famigliare ormai irrecuperabile. Joy, di canto suo, non riesce ad avere un rapporto sincero ed onesto con sua madre, conflitto che culmina nella mancata accettazione della sua omosessualità da parte di quest'ultima, con annessa ostilità verso l'entrata in famiglia della sua compagna Becky. Ogni tentativo per avere l'attenzione di Evelyn è inutile, la donna infatti ha posto un muro di incomunicabilità con tutta la sua famiglia, soprattutto con la figlia. Muro che trova la sua origine nella paura di affrontare quello che è il rapporto irrisolto e traumatico con suo padre Gong Gong, dal quale è fuggita in età adolescenziale, e che ora è giunto negli Stati Uniti dalla Cina per festeggiare con loro il Capodanno Cinese. La festività è l'occasione che porterà i personaggi di casa Wang al collasso totale, ad implodere su sé stessi, in uno scontro anche culturale tra tradizioni orientali ed occidentali ancora acceso e vivo nella vergogna che Evelyn prova, soprattutto per lo stile di vita di sua figlia. Se non fosse per un'assurda possibilità che si apre nella vita della donna: Evelyn entra improvvisamente in contatto con una versione 'alternativa' di suo marito, proveniente da un universo parallelo, l'Alphaverso, ossia il primissimo universo esistente dal quale ne son poi nati di molteplici e paralleli, tutti condizionati dalle diverse scelte di vita che ogni essere umano quotidianamente intraprende.

Nell'universo in cui si trova la 'nostra' Evelyn, la donna si ritrova nella versione peggiore di sé stessa, quella che non ha sviluppato alcuna delle sue potenziali capacità, e quindi quello dove essa conduce la sua esistenza più triste e desolata. Ma è proprio la Evelyn più inetta, secondo Alpha-Waymond, quella che ha la missione di poter salvare l'intero metaverso da una terribile minaccia, rappresentata dalla pericolosa antagonista Jobu Tupaki. Comincia così per una riluttante Evelyn un'avventura assurda e frenetica in cui dover imparare in fretta ad essere un'eroina, la salvatrice di tutti i mondi esistenti, recuperando in brevissimo tempo tutte le potenzialità mai sviluppate ma che sono da sempre state dormienti in lei.

Da family drama la pellicola si trasforma così improvvisamente in un megagalattico action movie dalle tinte fantasy, in cui la salvezza del metaverso altro non è che simbolicamente la salvezza dell'intero equilibrio della famiglia Wang. Evelyn dovrà imparare ad accettare i suoi fallimenti personali, a fare luce sulle ombre del suo passato, e solo così, libera da ogni pregiudizio e preconcetto, abbracciare la sua imperfetta esistenza ed amarla così com'è. Sono tante le tematiche affrontate in questa grande produzione cinematografica, prima fra tutta quella del confitto e del suo contrario.

Le scene di lotta, ma più generalmente tutto ciò che nella pellicola è riconducibile al cinema d'azione, non sono mai fine a sé stesse, ma rappresentano il principale mezzo, abbastanza bizzarro direi, per superare il conflitto interiore di Evelyn. La lotta contro i sicari di Jobo Tupaki diventa quindi espressione della lotta contro tutti i suoi drammi famigliari, che hanno la loro origine nella scelta di abbandonare, anni prima, la Cina assieme a Waymond senza l'approvazione di suo padre. L'unico modo per salvare i metaversi, per salvare la sua vita, viene rappresentato da ciò che è per definizione speculare alla 'guerra', ovvero dal concetto di 'gentilezza'. La gentilezza è il tratto più caratteristico della personalità di suo marito Waymond, ma Evelyn, così intrappolata nel suo dissidio interno, non è mai riuscita pienamente ad apprezzarne l'importanza. Solo quando comprende la forza di questo concetto, e quanto proprio l'affabilità del marito sia riuscita più volte a salvarli dal disastro, capisce anche che è quella l'unica via per compiere la sua missione da eroina dei multi-mondi.

Acquisita questa consapevolezza, la donna abbraccia un altro aspetto caratteriale in lei sepolto: l'onestà. Grazie alla forza di essere sincera verso il suo io, e di conseguenza verso gli altri membri del suo nucleo famigliare, è possibile superare i traumi più oscuri della propria giovinezza, accettarne l'imperfezione, che altro poi non è che imperfezione dell'intera esistenza, cogliendo e valorizzando il concetto di autenticità degli affetti e delle singole uniche e sole personalità. Non si arriva dunque ad un epilogo che si risolve in modo retorico e banale. Il triggering legato ai concetti di onestà e trasparenza non rende difformi i personaggi dalla loro vera natura: Evelyn è e resterà sempre così autenticamente conservatrice e polemica. La differenza però è che adesso, nonostante le diversità nelle proprie personalità, questa accettazione le permette di aprire un collegamento tra mente e cuore, realizzando che, a prescindere da quale versione di sé stessa o della sua famiglia gli altri universi possano creare, nonostante gli abissi che esistono tra i loro modi di vivere e agire, lei sceglierà sempre e comunque l'alternativa che le permetterà di averli accanto.

Everything Everywhere All At Once ha davvero fatto en plein di premi negli ultimi mesi: ai SAG Awards, BAFTA Film Awards, Critic's Choice Movie Awards ma soprattutto ai Golden Globe. È qui che la pellicola ha ottenuto forse i premi di maggior visibilità fino ad ora: Michelle Yeoh e Ke Huy Quand hanno infatti entrambi rispettivamente vinto la statuetta come Miglior Attrice In Un Film Commedia O Musicale e come Miglior Attore Non Protagonista, con un discorso della prima che ha sottolineato come sia stato difficile per un'attrice appartenente ad una minoranza etnica riuscire ad affermarsi nel mondo di Hollywood. Il 13 Marzo invece ci saranno gli Academy Award, dove il film è in lizza con ben 11 nominations (è la pellicola che in questa edizione degli Oscar ne ha ricevute più di tutte), tra cui l'ambito premio per il Miglior Film. Non ci resta che aspettare la cerimonia cinematografica più attesa dell'anno per scoprire quanti riconoscimenti ancora potrà ottenere questo incredibile lavoro.

La sensazione di appagamento che mi ha lasciato questo meraviglioso film è indescrivibile. In circa 2 ore e 20 minuti mi è sembrato di fare un viaggio convulso nell'intero universo cinematografico, perché sì, non solo Everything Everywhere All At Once, come già detto, attraversa un po' tutti quelli che sono i generi cinematografici conosciuti, ma a sua volta, anche dal punto di vista visivo, utilizza una miriade di tecniche di ripresa che sottolineano ancor più il carattere frenetico e dinamico dell'intero progetto. Dalle dimensioni dello schermo in continuo cambiamento, all'alternarsi di scene animate, di dialoghi muti contornati da didascalie, fino agli omaggi ad altre pellicole, come al capolavoro Pixar, Ratatouille, o all'acclamato Carol di Todd Haynes.


Innumerevoli ancora i rimandi alla cultura pop, tra cui i notevoli outfit di Jobo Tupaki che ricordano tanto quelli di popstar come Lady Gaga o Katy Perry, e l'emblematico riferimento alla 'stanza rossa' di Twin Peaks, serie televisiva cult degli anni '90.

La completezza di questo film può stordire, confondere, tramutarsi spesso in caos, ma lo spettatore più attento, quello che saprà mettere in ordine tutti gli elementi mostrati, spesso anche troppo didascalici, non potrà non apprezzarne la genialità, l'irriverenza e l'audacia. Ed in campo artistico, al di là poi dei gusti personali, osare (e farlo bene), alzare l'asticella, avere la sfrontatezza di voler creare un'opera diversa e mai sperimentata prima, è già di suo motivo per un lungo ed onesto plauso.

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