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Hollywood | Revisionismo storico stellato



Nel 1932 l'aspirante attrice Peg Entwistle, a soli 24 anni, decide di porre fine alla sua vita gettandosi dalla lettera 'H' dell'imponente scritta HOLLYWOOD (ai tempi Hollywoodland) segnando il primo di una serie di suicidi avvenuti con questa modalità.

I motivi che hanno spinto la giovane donna a commettere un atto simile sono conseguenza della profonda delusione provata dopo la rescissione del suo contratto con la casa di produzione cinematografica che l'aveva scritturata per un piccolo ruolo nel film 'Thirteen Women', rivelatosi poi un grandissimo flop. Su questa drammatica vicenda Ryan Murphy e Ian Brennan nel 2019 costruiscono la sceneggiatura per la loro nuova miniserie, da lanciare sulla piattaforma Netflix nel 2020, dal titolo 'Hollywood'. La serie, ambientata tra il 1947 ed il 1948, racconta la difficile ascesa al successo di un gruppo d'aspiranti attori, registi e sceneggiatori, impegnati nella produzione di un film dal nome 'Peg', basato proprio sulla triste vicenda della sfortunata Entwistle. L'immensa delusione e le aspettative bruciate dell'attrice suicida fanno tuttavia da filo conduttore e riflesso in quelle che sono le storie dei protagonisti di questa nuova opera televisiva. Analizzando propriamente i personaggi principali del nuovo lavoro di Murphy possiamo notare come ognuno di loro, nonostante l'appartenenza a livelli gerarchici 'hollywodiani' diversi, siano tutti accomunati da un'inquietudine comune che si può sintetizzare nella ricerca ossessiva di accettazione da parte di una società leziosa, come quella della Los Angeles degli anni '40, in cui finzione e realtà scenica si sovrappongono, confondono e destabilizzano gli animi dei propri appartenenti. In un credibile intreccio tra celebrità realmente esistite e soggetti creati appositamente per la serie dagli sceneggiatori, si può dire che la trama di 'Hollywood' ruoti attorno ad una tematica centrale: la discriminazione sociale.


Quasi come ad anticipare i giorni che stiamo vivendo, quelli delle proteste 'Black Lives Matter' per i diritti della gente di colore, e delle discutibili censure che iniziano a proliferare nei confronti di opere cinematografiche marchiate come razziste, questa serie, nonostante si tratti comunque di un period drama, risulta in questo periodo storico più attuale che mai. La discriminazione per motivi razziali è centrale in 'Hollywood' nelle storie di personaggi di fantasia come Archie, aspirante sceneggiatore afroamericano, Camille, attrice determinata ad ottenere il primo ruolo da protagonista per 'una ragazza di colore' sul grande schermo, e Raymond, neo-regista di origini filippine che per assurdo vive la 'colpa' di non essere né del tutto asiatico e né del tutto occidentale.


Ma la serie, seguendo la scia del revisionismo storico, racconta anche di stelle del cinema realmente esistite, ribaltandone le vicende e riscattandole dallo stigma che quegli amari anni avevano loro affibbiato. Parliamo ad esempio della sino-americana Anna May Wong, la prima attrice asiatica a trovare notorietà ad Hollywood, condannata però ogni volta ad interpretare ruoli 'stereotipati' da donna orientale, di secondo piano rispetto alle attrici bianche e sopratutto venendo sempre sottopagata. La più grande delusione per la Wong arrivò quando non fu scelta per interpretare la protagonista femminile nel film 'La Buona Terra', importante ruolo che invece andò a Luise Rainer donandole l'Oscar come migliore attrice.

Ancora più emblematico per i nostri tempi è il personaggio di Hattie McDaniel, la famosa Mami di 'Via Col Vento'. La sua vicenda è più che nota: la McDaniel fu la prima donna di colore a vincere un Oscar, come miglior attrice non protagonista, nel 1940, ma la sera della premiazione, a causa delle leggi razziali vigenti in quegli anni, le fu vietato l'ingresso in teatro per il ritiro della statuetta. Se Anna May negli anni aveva 'reagito' alle discriminazioni subite con un atteggiamento riluttante verso i ruoli offertile, allontanandosi sempre più dal mondo di Hollywood, Hattie invece fu aspramente criticata dalla stessa comunità afroamericana per aver quasi assecondato il volere dei 'bianchi' che l'avrebbero sempre voluta rilegata in ruoli denigranti, e per non essersi mai schierata apertamente con il movimento per il riconoscimento dei diritti civili per la gente di colore. Il caso 'Via Col Vento' è proprio in questi giorni al centro di una bufera mediatica: la vicenda della McDaniel ed in generale lo stampo convenzionale con cui il film racconta lo schiavismo, hanno portato l'emittente americana HBO ad eliminare la pellicola dal proprio catalogo a seguito delle proteste per la morte di George Floyd.



Un altro tema affrontato in questa serie è quello del celato mondo omosessuale pulsante tra le vie della City of Angels. Attori, produttori, sceneggiatori e tante altre celebrità gay hollywoodiane erano infatti costrette a nascondere il proprio orientamento sessuale per non dare scandalo. 'Hollywood' ci racconta delle differenti modalità con cui veniva vissuta in quei tempi la propria sessualità, spaziando tra chi provava a viverla in clandestinità e chi arrivava al punto di reprimerla. La miniserie incrocia inoltre questa tematica, anche abbastanza abusata oggigiorno, con una realtà forse inedita a molti, quella della prostituzione maschile. Ai tempi del #metoo, quando l'abuso sessuale perpetrato dai grandi colossi dello spettacolo nei confronti di giovani donne non è più un segreto, è curioso scoprire come le stesse dinamiche esistano anche verso ambiziosi e giovani uomini, disposti a tutto pur di riuscire a vedere il proprio nome stampato nei credits di una pellicola. Quando l'omosessualità si fa taboo è facile pensare che, quello che in un mondo egualitario dovrebbe essere un semplice modo d'amare, diventi sinonimo di perversione e violenza, reazione tipica al proibizionismo e a tutte quelle regole sociali che tendono a soffocare anziché liberalizzare.


Un'altra particolarità negli argomenti affrontati dalla serie risiede nella narrazione di quel non molto sconosciuto 'giro' di 'accompagnatori' per ricche e facoltose signore, ben diffuso sia nell'età d'oro della produzione cinematografica che oggigiorno, evidenziando come in realtà anche molti ragazzi eterosessuali finiscano per subire l'abuso di potere di chi si trova in posizioni apicali, sdoganando dunque l'argomento 'prostituzione' da innumerevoli cliché di genere. Una volta messi a fuoco le tematiche analizzate da questa nuova serie Netflix, l'evoluzione delle vicende è strutturata seguendo la via del 'riscatto' e della 'riscrittura' della storia. 'Hollywood' arriva al punto di ribaltare la posizione declassata di chi negli anni '40 sottostava a queste rigide regole sociali, quasi come una favola, regalando del tempo sotto i riflettori della fama a tutti quelli che, purtroppo, in quei tempi han dovuto invece lavorare nell'ombra.



Notevoli di lode le interpretazioni di diversi membri del cast. Accanto a quello che si può definire il team di 'giovani attori' scritturati per la serie, brillano una serie di grandi nomi del piccolo e grande schermo che, senza nemmeno troppa sorpresa, si impongono sui primi. In primis è magistrale il lavoro svolto da Patti LuPone per il personaggio di Avis Amberg, la ricca e non più tanto giovane moglie di uno dei produttori cinematografici più potenti di Los Angeles, che col suo mix di spavalderia e fragilità pone allo spettatore importanti riflessioni sulla condizione femminile di quei tempi, quando alla ricchezza e al benessere ottenuti non corrispondevano gli stessi onori e talenti che invece erano più facilmente riconosciuti agli uomini. Immenso anche Jim Parsons (lo Sheldon di 'Big Bang Theory') nel ruolo del 'talent agent' Henry Wilson, personaggio reale noto per aver scoperto Lana Tuner e tra le personalità più oscure e complesse dell'intera serie. Nonostante le atmosfere da 'comedy patinata' che 'Hollywood' sicuramente possiede, guardare questa miniserie nel 2020 è importante maggiormente per i suoi lati più drammatici e critici. Lo spettatore, viaggiando nel tempo e tracciando una sottile linea di collegamento che va dal suicidio della Entwistle nel 1932 fino ai giorni nostri, saprà di certo sviluppare diversi parallelismi e riflessioni su quanto, nonostante l'avanzare dei decenni, certi vecchi e nocivi postulati continuano ad infettare non solo la nostalgica 'city of stars', ma un po' tutte le 'cinquanta stelle' statunitensi.






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