- Dopo aver raggiunto la finale nel tabellone dell'ATP 500 di Dubai, Andrey Rublev ha firmato la telecamera di bordocampo con un messaggio chiaro e conciso: "No war, please" (No alla guerra, per favore). -
Tra i tanti “perché” posti in questi giorni, c’è anche quello rivolto a ciò che sto scrivendo. In questo preciso momento scrivo per necessità, senza una scaletta da dover seguire. Questo articolo si discosta dai toni leggeri del blog, semplicemente parla di attualità e, soprattutto, di umanità. Dov’è finita? Come rispondere ad un bambino che smette di giocare, si avvicina al televisore, guarda un suo coetaneo piangere e dire addio al padre – soldato, si gira con gli occhi ormai lucidi e ti guarda ponendoti l’unico quesito al quale non avresti mai voluto rispondere: “Perché?”. In quel momento nel quale gli ingranaggi del tuo cervello cercano discorsi filosofici e parole meno crude per “addolcire la pillola”, noti in quegli occhi innocenti che la risposta già la conosce, ma ci spera ancora. Crede ancora nella “Pace”, nel suo significato; per lui la pace è stringere il mignolino dell’amichetto e sussurrare insieme quella canzoncina che termina con “non lo faccio più”. I bambini si che riconoscono l’umanità! “Essere umano” vuol dire aiutare tuo fratello, porgere la mano quando cade dalla bici e si graffia un ginocchio, quando non riesce ad attraversare la strada, quando piange e lo consoli o semplicemente quando urla, ma non si fa sentire. Invece a distanza di due anni dal devastante crollo psico – fisico, ci ritroviamo catapultati in una realtà difficile da accettare di nuovo.
Scenario agghiacciante, un fantasma del passato che non vuole abbandonarci. Molte le similitudini con le guerre passate, molti gli orrori che gli occhi dei nostri nonni devono rivivere e, per i giovani che fortunatamente non hanno mai assistito ad un conflitto mondiale, se non apprendendolo dai libri, tutto questo affossa ancor più la “speranza”. Chi avrebbe immaginato che quelle immagini così crude e veritiere raffigurate nei libri avrebbero ripreso le sembianze dell’orrore, lo stesso che Salvador Dalì raffigurò in “Le visage de la guerre” (1940).
O come la performance di Marina Abramovic “Balkan Baroque” (1997).
“Il principio che anima questo Balkan Baroque: il pulire lo specchio, vale a dire il processo di autoanalisi che sempre dobbiamo fare, questa volta riguarda la coscienza della storia. Di questa storia tragica dobbiamo iniziare a pulirne le ossa! A pulire il nostro passato! Una società che potremmo definire della rabbia.” - M. Abramovic.
Riflettersi in quello specchio, pulirne le ossa e allontanare il passato sembrano obiettivi utopici oggigiorno. Donne e uomini costretti ad imbracciare fucili, civili inglobati in questa guerra che non appartiene a nessuno, lottare contro un fratello costretto ad indossare controvoglia i panni del nemico ed anime che si perdono in questo clima dell’orrore. Aprire e vedere sul proprio cellulare articoli inerenti alla guerra, ti devasta dentro. Ecco che inizi a pensare : “Ma se stessi io in quella situazione?” e poi la seconda domanda arriva spontanea : “Ma se quella situazione stesse solo ritardando e mi coinvolgerà in prima persona domani?”. Un brivido mi sale lungo la schiena e ripenso a quel volto innocente con gli occhi lucidi, a quella mamma che partorisce una bimba in un rifugio sotto le bombe, a quel distacco straziante tra la figlia e il padre, a quei figli strappati dai loro genitori per essere affidati a sconosciuti che se ne prenderanno cura, a quei due sposini russi che poco dopo il loro matrimonio imbracciano i fucili e dicono: “Se moriremo, lo faremo insieme”. Sì, Yaryna e Sviatoslav il mio pensiero va a voi, giovani quanto me e così piccoli per essere condotti verso il braccio della morte, oppure a quel padre italiano costretto ad abbandonare la moglie in Ucraina e a salvare i suoi due bambini tramutando questa disumanità in un “gioco”, raccontando loro che ogni posto di blocco e rifornimento di cibo serve a segnalare che la vittoria si sta avvicinando, quasi come fosse lo stratagemma adottato da Guido Orefice (Roberto Benigni) ne “La vita è bella”.
Penso anche a quella moglie, madre e soprattutto donna rimasta nel suo paese per non abbandonarlo nel momento del bisogno, seguendo l’esempio del presidente ucraino Zelensky, a quelle persone che già non ce l’hanno fatta, ma non per questo hanno perso, ai loro cari già partiti che piangono durante il tragitto e, a questo punto, mi rivolgo alla Disperazione ponendole la stessa e unica domanda che tiene in vita questo articolo: “Perché?”. Ogni guerra ha sempre lo stesso deleterio epilogo: la “Morte”. E allora pongo lo stesso quesito anche a lei come fosse un’entità : “Perché prendersela con i civili? Perché toccare i bambini?”. La Morte sta cercando di abbattere anche quella fioca speranza: la “Vita”, la stessa che continua a nascere nei rifugi sotto l’incombente attacco dei bombardamenti. La morte si rigenera sempre come l’Idra a più teste, ma anche la vita ha lo stesso potere, ed io patteggerò sempre per la seconda! Questo non è un articolo, l’arduo compito di stilarne uno lo riservo a quei coraggiosi inviati che rischiano le loro vite per la verità, ai giornalisti che si espongono in prima linea; io sono solo una spettatrice costretta ad assistere alla drammaturgia dell’orrore e, al contempo, alla bellezza della vita, perché in fin dei conti non bisogna mai “disunirsi”.
Questo è solo il mio pensiero che vuole concludersi con la canzone più emblematica relativa alla difficile situazione che stiamo affrontando: “Imagine” di John Lennon, sperando che quella fioca speranza iniziale continui sempre ad essere celebrata, nonostante i bombardamenti!
Imagine there's no heaven It's easy if you try No hell below us Above us, only sky
Imagine all the people Livin' for today Ah
Imagine there's no countries It isn't hard to do Nothing to kill or die for And no religion, too
Imagine all the people Livin' life in peace You
You may say I'm a dreamer But I'm not the only one I hope someday you'll join us And the world will be as one
Imagine no possessions I wonder if you can No need for greed or hunger A brotherhood of man
Imagine all the people Sharing all the world You
You may say I'm a dreamer
But I'm not the only one
I hope someday you'll join us
And the world will live as one ...
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