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Orange Is The New Black | Il problema delle carceri negli Stati Uniti

'The animals, the animals

Trap, trap, trap 'til the cage is full'



Orange Is The New Black è una serie originale Netflix andata in onda dal 2013 al 2019, in sette stagioni, e tratta dalle memorie della scrittrice Piper Kerman, 'Orange Is the New Black: My Year in a Women's Prison'.


La trama racconta dei quindici mesi di detenzione passati da Piper Chapman (alter ego della Kerman) nel fittizio carcere femminile di Litchfield, come complice in reato, per fatti commessi dieci anni prima il suo arresto, della sua ex amante, la trafficante internazionale di droga, Alex Vausse. Con questo incipit, Jenji Kohan, ideatore della serie, inizia il suo racconto all'interno delle strutture penitenziarie statunitensi, sia di minima che di massima sicurezza, raccontando le esperienze ivi vissute non solo dalla stessa Chapman, protagonista indiscussa delle primissime stagioni, ma da tutte le altre detenute transitatevi, creando organicamente una meravigliosa serie corale in grado di giostrarsi abilmente tra le storylines di circa una cinquantina di personaggi.

Questo cast così numeroso viene sapientemente gestito dedicando ad ogni detenuta, nel corso di tutte le sette stagioni, uno o più episodi '-centrici', che ne raccontano, con l'utilizzo di flashback, il passato. La peculiarità nell'utilizzo di questa tecnica, già sperimentata in grandi opere televisive come Lost, sta però nel suo fine: non sempre il vissuto delle nostre protagoniste ci mostra il motivo della loro incarcerazione, al contrario, il momento storico su cui ogni episodio decide di focalizzarsi è di volta in volta diverso e funzionale a quelle che sono le vicissitudine del proprio presente in prigione, destreggiandosi efficientemente su acuti parallelismi temporali. La serie spicca indubbiamente per il realismo con cui vengono affrontate le problematiche più avvertite dentro il micro-mondo carcerario, in cui i legami affettivi sembrano essere l'unica zona franca in un territorio di costante angoscia e imprevedibilità. Sono innumerevoli le criticità su cui OITNB si sofferma, quasi come un'indagine sociologica provo qui a riassumerne perlomeno quelle più focali.


  • Il problema del 'mass imprisonment' è sicuramente una delle primissime situazioni di disagio che saltano all'occhio dello spettatore. Litchfield, con il suo numero di detenute superiore a quella che è la sua capienza massima, rappresenta infatti uno dei tanti sovraffollati carceri statunitensi. Vedremo nel corso delle stagioni aumentare sempre più la quantità di detenute con conseguenze sul tenore di vita ai limiti dell'invivibile. La serie di Koahn, seppur ambientata in un ambiente immaginario, fa da specchio a quella che è una durissima realtà odierna: gli Stati Uniti sono infatti il Paese con più detenuti al mondo, sestuplicati negli ultimi 30 anni, e con tassi di sovraffollamento sempre più importanti.

  • Ai problemi legati alla quantità di persone costrette a vivere in spazi troppo piccoli per poter garantire un'esistenza dignitosa, si aggiunge la preoccupazione sulle incapacità nella gestione del 'lavoro' da parte del personale penitenziario. OITNB oltre a raccontarci della vita delle detenute, getta uno sguardo anche su quella che è la condizione delle guardie, direttori, supervisori e di tutto l'apparato penitenziario amministrativo, svelandone la scarsa formazione, preparazione, professionalità, le pochissime risorse finanziarie e i rari ed inutili programmi riabilitativi sui quali la pena dovrebbe fondarsi. Conseguenze di tutto questo, nella serie, saranno una sequenza di situazioni spiacevoli e drammatiche, come la rivolta nella quinta stagione, in cui vittime e carnefici si alternano in una vera e propria lotta tra 'guardie e ladri'.



  • L'incapacità di creare un clima risocializzante si riversa negativamente in un'altra tipologia di gesti estremi, di natura diversa dalla rabbia di una rivolta, che si manifestano in atti di totale dissociazione dall'ambiente circostante, fino alla mortificazione estrema del proprio 'io', con gesti limite come il suicidio o la lenta degradazione del corpo a seguito del continuo abuso di sostanze stupefacenti. Tutto ciò, oltre ad essere conseguenza delle carenze del sistema, è anche, e sopratutto, effetto degli innumerevoli abusi di potere perpetrati da parte delle guardie, che prendono la forma non solo della più ovvia e squallida violenza sessuale/fisica, ma anche di quella più subdola macchinazione che porta allo spaccio di droghe, lasciate clandestinamente entrare, dietro cospicuo guadagno finanziario privato, e che pongono ulteriori interrogativi non solo sulla preparazione tecnica del personale penitenziario ma anche sulla propria moralità.

  • Il mancato riscatto sociale viene automaticamente connesso al problema della recidiva. Vedremo infatti molte ragazze finire di scontare la propria pena e seguiremo le loro vicende anche fuori dal carcere. Qui ci verrà mostrata una realtà esterna del tutto impossibile da affrontare per chi, privo di alcun sostentamento economico e assistenziale, si ritrova a dover ricominciare da zero la propria vita con addosso lo stigma dell'ex-detenuto. Per questo motivo non saranno pochi i casi di recidiva, con connesso rientro in carcere per molte delle nostre protagoniste, che pongono il crimine come unica alternativa ad una risocializzazione mancata.

  • Si dice che le mura carcerarie siano dotate di permeabilità. In parole povere, riescono a ricreare al loro interno le stesse condizioni e divisioni di classe che esistono all'esterno, estremizzandole e ghettizzando le singole esistenze. E' così che in OITNB avremo principalmente una divisone tra tre 'clan' ben definiti: le latine, le nere e le bianche. Le relazioni tra i tre macro-gruppi saranno sempre più difficili e concorrenziali nell'ottenere il controllo del penitenziario. Lo sconcerto si accentua quando le guardie, consapevoli delle varie tensioni in corso tra 'clan', inizieranno letteralmente a giocare con queste vite umane, come fossero pedine, scommettendo su loro, sui loro comportamenti, in un vero e proprio 'fanta-gioco' che tocca il punto più alto di un sistema distorto e perverso in cui ogni regola etica è ormai distrutta.



  • Il carcere oltre a privare della libertà personale è privativo anche di quella sessuale. Come fosse una pena accessoria, è fatto divieto verso qualsiasi forma di esternazione affettiva, sentimentale o semplicemente carnale. La repressione, si sa, spesso ha proprio l'effetto di intensificare l'impulso che viene negato, e così, nel corso dell'intera serie, si alterneranno una catena di relazioni amorose o puramente sessuali tra le protagoniste, spesso stemperando quel clima di tensione che in prigione aleggia 'acca 24', e regalando alle detenute una sorta di pseudo normalità, in quella che diventa la ricerca di un contatto carnale, come unica forma di riappropriazione del proprio corpo, controllato e sorvegliato perennemente dalle autorità.



  • La settima ed ultima stagione, in sintonia con quello che nel frattempo avviene nei nostri giorni con la presidenza Trump, si concentrerà su una tematica fino ad allora inedita, quella delle deportazioni dei clandestini fuori dai confini statunitensi. Litchfield diventerà infatti anche luogo per l'ICE (la United States Immigration and Customs Enforcement) di stallo per una marea di donne in attesa di essere espatriate perché sprovviste di visti o permessi di soggiorno. Si tratta di una delle pagine più dolorose della serie, dove madri e figli vengono recisi come si fa con un albero e le sue radici, con un eco di rabbia, dolore e tristezza che faranno raggiungere i livelli più alti di drammaticità in una serie che, al contrario, ha sempre voluto impregnare di una spessa ironia il suo narrato.



Il tono con cui 'Orange Is The New Black' racconta la vita in carcere è quello agrodolce di una black comedy. Sono tante le scene esilaranti che, con l'esasperazione caratteriale dei personaggi più polarizzanti, 'spezzano' quel clima drammatico che, per forza di cose, una serie con argomenti così forti ha. La prospettiva femminile con cui l'ambiente carcerario viene raccontato particolarizza senza ombra di dubbio l'intera serie: l'universo femminile permette infatti di poter esplorare quelle tematiche proprie di genere, come la maternità, la misoginia, la violenza sulle donne, le mutilazioni genitali ed il matriarcato famigliare, che diversamente non si sarebbero potute affrontare.


Nel cast di OITNB, apprezzata come serie dal grande pubblico e dalla critica internazionale, si erge su tutti l'interpretazione di Uzo Aduba, meravigliosa attrice per ben due volte premiata agli Emmy Awards, che con la sua Suzanne Warren non solo è riuscita a conquistare questi ambiti riconoscimenti, ma è entrata di diritto nel cuori degli spettatori per la naturalezza, spontaneità e genuinità con cui racconta la disabilità mentale ed il trattamento aberrante con cui essa viene 'curata' in prigione. Perché è così importante vedere oggi questa serie? Ho elencato alcune delle tematiche centrali in essa analizzate e avrete sicuramente avvertito come tutte queste siano oggetto di dibattito anche qui in Italia nei nostri giorni. Il modello carcerario americano infatti continua sempre più a condizionare quelli che sono i sistemi penitenziari europei, in primis quello italiano che, a livelli di sovraffollamento, è tra i primissimi posti nel nostro continente. 'Orange' è un prodotto televisivo non solo in grado di intrattenere ma anche di sviluppare una riflessione critica verso la realtà carceraria, con la speranza che, una volta fatta propria la consapevolezza del problema, parta proprio dalla gente 'comune' quella volontà di riforme di cui l'apparato penitenziario ha oggi più che mai estremamente bisogno.




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