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Parasite | Infestazione domestica


Il 2020 ha sicuramente scritto una pagina di storia nel mondo degli 'awards' cinematografici, consegnando l’Oscar al miglior film per la primissima volta ad una pellicola sudcoreana. Ma il clamore scatenato dall'ultimo lavoro di Bong Joon-ho non si riduce sinteticamente a questo, non è limitabile solo ad una componente culturale diversa, in un mondo come quello in cui viviamo, così globalizzato, da annientare ormai le distanze e le barriere tra diverse tradizioni nel nome di logiche di mercato sempre più multi-connesse e prive di confini. La svolta che Parasite ha segnato ad Hollywood è soprattutto conseguenza di una sceneggiatura totalmente 'bizzarra', che tratta di un argomento anche abbastanza abusato, come la lotta tra classi sociali e l’elevata disparità nella distribuzione della ricchezza globale, con chiavi di lettura tanto originali quanto diversificate tra loro, ma che nel complesso, incastrate come pezzi di un puzzle, descrivono al pubblico una realtà ben chiara e nitida. Lo scenario è quello della Corea del Sud, paese colmo di grandissime disparità, nel quale Bong Joon-ho contrappone le due famiglie protagoniste della sua pellicola, polarizzandone le rispetive esistenze.


Da un lato abbiamo la famiglia Kim, cui casa è un fatiscente seminterrato, che, con entrambi i due 'capo famiglia' disoccupati, sopravvive in condizioni terribilmente indigenti cercando un futuro migliore per i propri figli, Ki-woo e Ki-jung, adolescenti carichi di aspirazioni ma anche di una impertinente intraprendenza.

Dall'altra parte ci sono i coniugi Park, appartenenti a quella fascia sociale del paese occidentalizzata, residenti in una sfarzosa villa, vera e propria opera artistica di un illustre architetto, solita delegare, dietro cospicuo pagamento, l’educazione dei propri figli, Da-hye e Da-song, e la cura della casa a ‘terzi’, quelli che in senso meno moderno chiameremmo 'la servitù'.



La contrapposizione tra questi due stili di vita è volutamente estremizzata dal regista, dando al film un tocco 'caricaturale' che ne stempera la drammaticità della vicenda. Da un lato i Park sono presentati come del tutto ‘alienati’ dalla realtà circostante, con tratti di ingenuità che rasentano la stupidità, manifestata nella continua ossessione d'assecondare ogni assurdo capriccio del loro figlio più piccolo o nella facilità con cui prestano fiducia a chiunque mostri un minino (e anche finto) interesse verso quei valori capitalistici di cui la loro esistenza ne è l’emblema (corsi d’inglese, arte-terapia, università private…). D'altro lato i Kim sono proprio la metafora di una colonia di 'parassiti', estirpati nella loro dimensione vitale, posta volutamente ‘in fondo’, non solo metaforicamente, alla piramide sociale, albergati in un'abitazione (o tana) che somiglia più ad uno scantinato, e perennemente pronti a raccogliere gli scarti che dall'alto, l'élite dei più agiati, lascia cadere con innocente dimenticanza.



''parassita'' s. m. e agg. (raro parassito, ant. parasito, come s. m.) [dal lat. parasita o parasitus, gr. παράσιτος, comp. di παρά «presso» e σῖτος «alimento, sostentamento»] (pl. m. -i). In biologia, ogni animale o vegetale il cui metabolismo dipende, per tutto o parte del ciclo vitale, da un altro organismo vivente, detto ospite, con il quale è associato più o meno intimamente, e sul quale ha effetti dannosi; frequente come agg.: insetti p., organismi p.; piante parassite. (*)



Proprio come gli scarafaggi, che dalle più strette delle tubature, annaspando tra acqua e fango, intraprendono una scalata, con il buio come complice, per impossessarsi degli avanzi che lasciamo incustoditi, così i Kim mettono in moto un piano strategico che mira ad un'ascesa verso il benessere, infestando l'immacolata realtà dei Park. Persino nei movimenti, i quattro membri di questo singolare nucleo famigliare, riescono a ricordare quel modo di spostarsi, all'interno di un preciso habitat, ‘scattente’, 'nevrotico' ed inverosimilmente ‘silenzioso’ che un insetto sembra avere nel nascondersi all'occhio umano (ma non all'olfatto). Durante questo camuffato ‘nutrimento’ sociale che i Kim proseguono alle spalle dei Park, la situazione degenera davanti alla scoperta di altre e diverse tipologie di 'parassiti', che nel mentre, sempre celatamente, iniziano a gareggiare contro loro per ottenere il controllo sul territorio, su quel benessere tanto ambito.


In questa escalation tensiva, che porterà la drammaticità e la suspance della vicenda a livelli molto alti, tipici di un thriller, non manca però una ben marcata linea di grottesco sarcasmo, a tratti comico, che rende la pellicola coreana inclassificabile in alcun genere preciso. Questa mescolanza di atmosfere diverse è inoltre accompagna da una colonna sonora di tutto rispetto, che alterna gli archi ostinati dei classici gialli di Hitchcock al cantautorato classico italiano, con un risultato a tratti kitsch e che di sicuro volutamente stride con l’asettica e fredda scenografia. L'intento di Parasite è sicuramente quello di denuncia sociale, ma è per certo una denuncia completamente disinteressata. Bong Joon-ho non sembra infatti schierarsi da nessuna delle due parti avverse, ne sottolinea in entrambe le simpatie e le devianze mantenendo però costantemente i due piatti della bilancia perfettamente allineati.

È tuttavia nel calderone della denuncia, in quella spolverata d'ironia e satira che si respira, la vera ventata d'aria fresca che questo film è riuscita a regalare al cinema di tutto il mondo, riuscendo ad unire un pubblico d’essai ad uno più generalista e meno avvezzo alle pellicole d’autore.

Con le quattro statuette vinte agli Oscar e la Palma d’Oro a Cannes, direi che, se l’intento del regista era davvero quello di spostare anche in sala quella contrapposizione tra classi oggetto della sua sceneggiatura, allineando due tipologie di pubblico da sempre così lontane ed utilizzando il tono della black comedy a fare da collante, ci è sicuramente più che riuscito, con la speranza però che, a differenza di quanto accade nel suo film, da questa contrapposizione possa nascerne un ‘nuovo cinema’ più che una spietata carneficina.



(*) da 'Vocabolario online Treccani'

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