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Siddhartha | Il diritto alla felicità

“Tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità”



Con questa affermazione nero su bianco, la dichiarazione d’indipendenza americana del 4 luglio 1776, esplica il diritto fondamentale di ogni essere umano nel ricercare la propria via verso la felicità. Il principio che ne subentra, racchiude la ricerca inalienabile del diritto stesso, avvalorato dal sapere e dalla conoscenza del mondo che ci circonda. L’essenza che si racchiude, indica il valore aggiunto dell’intera esistenza, ponendosi alla pari di ogni altro diritto insito nell'essere umano. Soffermarsi su questo punto, aiuta a comprendere a pieno il significato romanzato e il lirismo di Hermann Hesse all'interno del proprio manoscritto “Siddhartha”; una delle opere maggiormente conosciute e apprezzate, soprattutto in America. Con questo gioiello letterario, Hesse segna l’ascesa della propria carriera, insediandosi nel podio degli autori contemporanei più apprezzati, sottolineando ed evidenziando la poetica del “suchen” (del “cercare”). La smania per la ricerca dell’essenza della vita, induce tutti i personaggi dei suoi scritti a diventare anch'essi esploratori dell’anima del mondo (Ātman) e del proprio nirvana. Viaggi che accompagneranno e indurranno i protagonisti a sorvolare sulla superficialità dell’apparenza, a sconfiggere l’alienazione alla quale sono destinati, ottenendo la ricerca suprema verso l’Assoluto. La lettura introspettiva del proprio “Io”, si rivela essere l’unico antidoto verso la superficialità, dove Siddhartha diventa il principale esploratore di sé stesso. Un’alienazione che denota non solo la ricerca della felicità, bensì la ricerca essenziale dell’invisibile, grazie agli insegnamenti di Gotama (il Buddha).


“La felicità è amore, nient'altro. Felice è chi sa amare. Amore è ogni moto della nostra anima in cui essa senta se stessa e percepisca la propria vita. Felice è dunque chi è capace di amare molto. Ma amare e desiderare non è la stessa cosa. L'amore è il desiderio divenuto saggezza; l'amore non vuole possedere; vuole soltanto amare.”


Illustrazione: Siddhartha Gautama – Mary Evans


Un’opera letteraria che supera i dogmi religiosi, si rivolge ad ogni lettore e si estranea da ogni verità, inducendoci a ricercarla, poiché insita in noi. Un libro rivolto a tutti, in quanto esplica il diritto di trovare la propria via, seguendo l’insegnamento di Siddhartha, che abbandona volontariamente la vita metodica impostatagli, per seguire il proprio Ātman. Hesse riesce a marcare un evidente parallelismo tra Siddhartha e Gotama dettato dal nome e dallo stile di vita che i due personaggi inizialmente condividono; solo successivamente il protagonista decide di vivere ogni esperienza prima negatagli, tanto da esser quasi paragonato alla fine del romanzo allo stesso Gotama, dal miglior amico monaco buddhista Govinda, il quale si inchina regalmente davanti alla visione di quel fratello ormai invecchiato. Ogni ruga sul volto di Siddhartha, indica l’esperienza acquisita nel corso della propria vita, che gli ha concesso di raggiungere il nirvana. Un viaggio che non si rivela essere indice di privazione, ma cicatrice dell’agglomerato di tutto il sapere esistente. Una piccola perla che avvalora ancora una volta la vita stessa, dove il sapere perduto può essere riscoperto attraverso la via nascosta e la lettura introspettiva del proprio animo fuggente.



“Bisogna trovare il proprio sogno perché la strada diventi facile. Ma non esiste un sogno perfetto. Ogni sogno cede il posto a un sogno nuovo, e non bisogna volerne trattenere alcuno.”

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