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The Holdovers | Lezioni di condivisione

Questa è la stagione dei più grandi riconoscimenti cinematografici internazionali. Golden Globe, Critics' Choice, BAFTA, SAG...e domani finalmente in arrivo le candidature alla 96° edizione dei Premi Oscar, che si terrà il prossimo 10 Marzo. Tra i nomi dei film più premiati, accanto ai prevedibili Oppenheimer, Povere Creature! o Barbie, un titolo in particolare ha catturato l'attenzione di noi cinefili, l'ultima pellicola di Alexander Payne, The Holdovers, che silenziosamente, all'ombra dei predetti grandi nomi, non solo ha fatto incetta di candidature, ma si è già portato a casa non pochi e tra i più importanti premi. Uscito in Italia lo scorso 18 Gennaio, con l'inutile sottotitolo 'Lezioni Di Vita', Holdovers è una bellissima commedia che vede brillare tre grandi interpreti.


Siamo nel Dicembre del 1970, Barton Academy, New England. Metri di neve ricoprono la prestigiosa scuola e tutto il paesaggio a lei attorno. Il Professore Paul Hunham (Paul Giamatti), il più detestato da studenti e colleghi, viene scelto come 'supervisore' delle feste di Natale, ossia colui che dovrà restare in Accademia a vigilare sui pochissimi studenti che non lasceranno la scuola durante le vacanze. In un arco di tempo che va dal 17 Dicembre all'arrivo del nuovo anno, Hunham vivrà una situazione di convivenza forzata con uno dei suoi alunni, l'irrequieto Angus Tully (Dominic Sessa), e con la temperante cuoca dell'istituto, Mary Lamb (Da'Vine Joy Randolph).

La vicenda si snoda attorno a questi tre personaggi, apparentemente diversi e lontani tra loro, ma accumunati da un evidente malessere nello stare al mondo. Il Professor Hunham conduce una vita solitaria, acerba e sterile nei sentimenti. Consapevole di essere lo zimbello dell'Accademia, non fa nulla per smussare il suo carattere spigoloso, ma anzi sembra sempre più intenzionato a vivere come reietto, distante da tutto e tutti, in una realtà con legami sociali ridotti ai minimi termini. Angus Tully invece ha alle spalle una situazione famigliare complicata, che lo porta ad essere totalmente ignorato dai propri genitori e dunque costretto a passare il Natale da solo, a scuola, carico di rabbia e risentimento. La mancanza di un nucleo domestico stabile e che gli dimostri affetto si manifesta nel ragazzo in un comportamento borderline, continuamente alla ricerca dello scontro e del conflitto, nonostante una mente brillante lo renda l'unico studente di Hunham con una sufficienza in letteratura classica. Infine c'è Mary Lamb, una donna 'tutta d'un pezzo', che dietro la sua austera figura nasconde un dolore immenso, quello della recente perdita di un figlio, lutto che tende a vestire dignitosamente, senza troppi eccessi di pathos, ma che ogni giorno la consuma sempre più spingendola ad esistere più che a vivere. L'incontro forzato di queste tre dolorose realtà implode lentamente e con misura nell'intreccio cinematografico, portando tutti e tre i protagonisti ad una sorta di percorso di formazione personale istintivo e lineare.

Ciò che si apprezza particolarmente nella pellicola di Payne è la totale mancanza di 'eccesso'. Il film riesce benissimo a calibrarsi nell'agro-dolce senza mai strabordare in un senso o nell'altro. I momenti più divertenti, legati perlopiù alla buffa figura di Giamatti, non cadono mai nel ridicolo o nella gratuita comicità. Allo stesso modo, i dolori dell'animo non vengono mai narrati con eccessiva retorica o sentimentalismo. In questa linearità narrativa, priva di picchi estremi, sta la bellezza di Holdovers, che oltre a dimostrare in questo modo il talento del suo regista nel trattare con un filo di neorealismo la vicenda, mette in risalto l'eccezionale bravura dei suoi tre interpreti: Giamatti che si conferma eccezionale nel destreggiarsi abilmente tra la comedy ed il drama, il giovane Sessa che debutta nel cinema con classe e prontezza, e la Randolph che recita solo con la sua eccelsa mimica facciale.

A rendere il lungometraggio ancora più piacevole è la bellissima scenografia innevata del New England, che con la fotografia di Eigil Bryld riesce perfettamente a trasmettere quella sensazione di calore e raccoglimento di un tempo breve trascorso all'interno di uno spazio limitato ed intimo. La sensazione che il film lascia è quella di una calda carezza su un periodo storico ben preciso, gli anni '70, a cui Payne si ispira anche nelle scelte stilistiche dei crediti d'apertura e di chiusura, oltre che nei meravigliosi poster promozionali. Il calore di un'epoca per molti mai vissuta diventa universale e generalizzato a tutti i nostri ricordi, a quel senso di condivisione, di lento scorrere del tempo, di parentesi di vita, che di solito accompagnano le festività natalizie.

Le buone, seppur maldestre, intenzioni dei protagonisti sono in grado di farci sorridere e commuovere a più riprese per tutta la durata del film, grazie anche, come già detto, alla bravura degli interpreti.


Giamatti e la Randolph hanno meritatamente trionfato qualche settimana fa nella notte dei 'globi d'oro', vincendo rispettivamente i premi per Miglior Attore In Un Film Commedia o Musical e per Migliore Attrice Non Protagonista. In attesa degli Academy Awards, recuperate The Holdovers, nelle nostre sale cinematografiche proprio in questi giorni, per conoscerne ed apprezzarne la concretezza narrativa ed i suoi pungenti ma intensi dialoghi.

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