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We Are Who We Are | La fluidità raccontata da Guadagnino

In Introduzione alla storia del cinema, Paolo Bertetto individua alcuni elementi comuni del regista d'autore:

  • segue tutte le fasi della produzione cinematografica, dallo sviluppo dell'idea al montaggio, con particolare attenzione alla sceneggiatura;

  • i film d'autore affrontano contenuti complessi e poco commerciali, similmente ad un romanzo o ad un'opera teatrale;

  • deve riconoscersi uno stile dell'autore, legato alla sua originalità espressiva;

  • i film d'autore danno meno peso al puro intrattenimento, ma preferiscono far riflettere lo spettatore, che quindi non può più assistere passivamente alla proiezione;

  • spesso il film d'autore è inserito in un complesso di opere dello stesso autore, per questo riconoscibile.

[fonte: Wikipedia]


 



Negli ultimi anni le serie televisive hanno ormai completamente eguagliato, a livello di importanza, il mercato dei lungometraggi. Non solo grandi attori e attrici, ma anche grandi registi internazionali ad un certo punto della loro carriera decidono di sperimentare, di mettere a disposizione la propria arte per il piccolo schermo, con risultati a volte davvero sorprendenti.

E' il caso questo anche di Luca Guadagnino, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano attivo da sempre in campo internazionale, recentemente acclamato dalla critica e dal pubblico mondiale per il film Chiamami Col Tuo Nome, e che può essere sicuramente inserito, per definizione, tra i registi d'autore. Guadagnino nel 2020, con l'aiuto dello scrittore Paolo Giordano (La Solitudine Dei Numeri Primi) e di Francesca Manieri, scrive e dirige la sua prima opera televisiva, dal titolo We Are Who We Are. Negli States la serie viene trasmessa da HBO, mentre in Italia è approdata su Sky Atlantic lo scorso Ottobre (attualmente reperibile in streaming su Now Tv) dividendo il pubblico e, come spesso accade per opere autoriali, convincendo la critica.


Ambientata a Chioggia, provincia di Venezia, We Are Who We Are racconta la vita di un gruppo di adolescenti americani residenti in una base militare statunitense in Italia. In questa sorta di patria in terra straniera, Fraser e Caitlin, figli di due comandanti della United States Army, vivono assieme quel periodo così delicato, ma anche tanto pieno di vita, che segna il passaggio, a 14 anni, dall'essere bambini al diventare ragazzi, immersi, e spesso persi, in una tela complicata di relazioni con i propri coetanei, con le proprie diametralmente opposte famiglie, con la cultura italiana così dissomigliante dalla loro, e, soprattutto, con la propria identità.


We Are Who Are, ad uno spettatore poco attento, potrebbe sembrare una semplice opera di formazione incentrata sulla scoperta del proprio orientamento sessuale, una sorta di teen drama italianizzato, simile a tanti altri nel settore. Ma, come ogni lavoro del regista palermitano, dietro la semplicità della trama generale si nascondono profonde riflessioni, spesso anche difficili da poter affrontare e fare proprie.

Il tema portante dell'intera opera è quel processo di formazione della propria identità, di genere e non solo, narrata mettendo in scena un universo a tratti schizofrenico, destabilizzante, estremo fino ai limiti della logica, in un luogo che allo stesso tempo è un 'non-luogo' e che risiede nella parte più profonda dell'essere umano. Più volte lo spettatore si troverà spiazzato da quelle che sono le scelte, i comportamenti e l'attitudine dei protagonisti della serie, ma questo straniamento è, oltre che un tratto distintivo del lavoro di Guadagnino, un espediente riuscito per rappresentarci visivamente il concetto di fluidità. Nell'universo del regista italiano infatti nulla è binario, non esistono etichette, soprattutto nella sessualità e nel concetto di genere: gay, lesbica, trans, eterosessuale, uomo, donna, FTM, se per molti sono sinonimi di diversità, da rivendicare con orgoglio, per Luca invece sono a loro volta ennesimi tentativi del sistema per 'sintetizzare' la persona in un'unica categoria.


Per raccontare dunque la sua visione di 'normalità, il regista utilizza proprio l'esaltazione della discontinuità: quando infatti pensiamo di aver capito, collocato, aggettivato un comportamento, una personalità, una situazione narrata nella serie, improvvisamente tutto viene ribaltato, nel modo più estremo possibile, con situazioni quasi al limite della ragionevolezza. Il ribaltamento della linearità è l'unico modo che Guadagnino ha per descrivere, con il tramite del mondo adolescenziale, la sua realtà. Nella 'stranezza' (riconosciutagli dagli stessi suoi coetanei) di Fraser, che corre, urla, saltella e scruta le situazioni in modo bizzarro, a tratti quasi fastidioso, è racchiusa l'esasperazione dell'essere umano che stride e non ne può più di essere confinato in un preciso singolo cliché. Tutto ciò accostato alla rigidità, linearità e forma che il mondo militare per antonomasia ha.



Menzione d'onore alla fotografia che, con sfondo la paludosa Chioggia, regala uno sguardo inedito di un'Italia settentrionale ferma nel tempo, in cui l'uomo sembra essersi insediato con prepotenza in una natura ostile, molto più vicina, nel parlato e nel modus vivendi, all'Est Europa che al cliché dell'italiano glamour, sofisticato ed acculturato che spesso vive negli occhi dello straniero. Guardare questa 'miniserie' (per ora, infatti, il tutto sembra essere stato concepito per restare tale, senza eventuali successive stagioni) ha un non so che di catartico, catarsi che tuttavia si raggiunge con molta difficoltà e che non risparmia più facili critiche che spingerebbero ad abbandonarne la visione dopo i primi due episodi. Per capire in toto We Are Who We Are bisogna essere caparbi, liberare totalmente la propria mente da ogni preconcetto ed aspettare il finale, per avere una visione compiuta dell'opera, in cui ogni paletto, barriera, scompartimento dentro il quale la società vuole assolutamente inserirci, scompare, anzi, direi implode, per lasciarci essere esattamente quel che siamo, guidati dall'istintività dei nostri sentimenti più viscerali e trovando nella loro fluidità un modo di vivere più libero.




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